Bruce Sterling, la Paura e le Interfacce

Sterling
Giovedi’ scorso ero al Sole 24 Ore, all’incontro con Bruce Sterling (v. foto a sinistra) per celebrare il centesimo numero di Nova. I temi dell’intervento di Sterling sono stati riassunti da Luca de Biase e da Orientalia4All. Io voglio invece riflettere su come si e’ concluso il dibattito con il noto futurologo e scrittore di fantascienza americano.

L’ultimo tema, sollevato da uno dei presenti, era quello della paura (di catastrofi ambientali e di altre cose) che negli ultimi anni sembra essersi impossessata dell’Europa (e non solo). La risposta istintiva di Sterling allo scenario pessimista descritto in dettaglio dal suo interlocutore e’ risuonata proprio come quella di un guru nel senso stretto del termine:

The world has always been full of menace.
You should seek hope in facts.
Do not succumb to your fears
.”

Cioe’:

“Il mondo e’ sempre stato pieno di minacce.
Devi cercare speranza nei fatti.
Non soccombere alle tue paure.”

Parole che intuitivamente suonano logiche e vere nella loro semplicita’. Ma, forse per deformazione professionale, mi sono chiesto come possano essere sostenute da basi piu’ solide. Ho cosi’ mentalmente scartabellato in quel mix di psicologia e tecnologia che e’ l’Interazione Uomo-Macchina. E la paura, l’ansia e lo stress sono uno dei temi studiati, perche’ e’ fondamentale conoscerli quando si progettano interfacce che verranno usate da persone che si trovano in quello stato. Non sto parlando di utenti di PC domestici o di gadget elettronici: i casi affrontati sono quelli di persone che devono prendere decisioni in situazioni di emergenza (ad esempio, in una centrale nucleare, un impianto chimico, nella cabina di un aereo,…). In tali gravi circostanze, l’utente deve poter seguire procedure ben note e strutturate, che evitino di richiedere spinte creative sotto stress. E  lo schermo e/o il pannello da usare  deve idealmente contenere soltanto i dettagli essenziali per la situazione affrontata e li deve presentare all’utente nel modo piu’ chiaro ed inequivocabile possibile.  Cio’ perche’ e’ noto che quando ci troviamo in uno stato di paura od ansia (dalle crisi personali a quelle planetarie), il nostro cervello va in uno stato di alta focalizzazione sui dettagli della situazione ansiogena che ci si presenta davanti. Questa nostra caratteristica, che era probabilmente perfetta per fuggire da un predatore nella foresta, tende a non dare sempre buoni risultati con i problemi complessi che dobbiamo affrontare nella societa’ attuale. Perche’ il ragionamento altamente focalizzato ci riduce ed imprigiona in quei dettagli. Non e’ olistico: se siamo in ansia o spaventati, diventa impossibile per il nostro cervello vedere il quadro generale della situazione (alcuni chiamano questa incapacita’ “tunnel vision” sia in senso visivo che cognitivo). Se invece lo stato di ansia e paura viene rimosso, il quadro generale ricompare, aumenta la capacita’ di stabilire connessioni creative, assieme ad una generale tendenza ad essere piu’ facilmente distratti (perche’ l’alta focalizzazione se ne e’ andata).

Quindi, anche quando si devono affrontare le grosse questioni su cui si e’ chiuso il dibattito con Sterling, concepire soluzioni in uno stato di paura porta in modo naturale a cercare di apportare piccoli miglioramenti ai dettagli di soluzioni e procedure gia’ note. Automobili un po’ piu’ efficienti che consumano il 2-3% in meno, ma che continuano a bruciare i soliti combustibili inquinanti. Bombe un po’ piu’ “intelligenti”, che forse riducono del 2-3% il numero di morti innocenti, ma non mettono in discussione il bombardamento come procedura di risoluzione delle controversie internazionali. E cosi’ via…

Potra’ sembrare incredibile, ma cambiare stato emotivo (di una persona come di una comunita’) e’ un primo passo nella ricerca di tipi diversi di soluzioni ai problemi. Ed e’ uno stato di tranquillita’ e speranza, non di paura ed ansia, che favorisce l’emergere di soluzioni innovative e creative.

“Seek hope in facts. Do not succumb to your fears.”

  • giampaolo sensi |

    Forse una delle risposte può essere ricondotta allo “scarto” tra l’evoluzione biologica e culturale . Secondo la psicologia evoluzionistica il nostro comportamento resta sostanzialmente “primitivo”, adatto ad un ambiente ostile. Oggi l’ecostistema che la nostra stessa specie ha modificato richiede risposte adattative che non siamo ancora in grado di produrre.

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