Gli oggetti lampeggianti cambiano la nostra capacità di giudizio

Gli oggetti che lampeggiano su uno schermo vanno usati con parsimonia e solo per quelle situazioni dove è necessario richiamare con urgenza l’attenzione dell’utente. Questo è il tipico consiglio che si trova riprodotto nei libri di testo di Interazione Uomo-Macchina.

Storicamente originato da osservazioni empiriche sul comportamento degli utenti, che vengono effettivamente distratti dal lampeggiamento e tendono a portare lo sguardo verso l’oggetto lampeggiante, questo tipo di raccomandazioni stanno in tempi più recenti trovando delle basi di spiegazione più profonde, anche grazie alle neuroscienze.

Si teorizza in particolare che una serie di segnali visivi (fra cui il lampeggiamento) porti all’attivazione di parti del nostro cervello definite come “sistema d’allarme umano” (human alarm system), che utilizziamo per rilevare e gestire situazioni d’allarme ed entrare in uno stato di maggior allerta dove rispondere velocemente agli eventi, focalizzando l’attenzione sull’identificazione di potenziali minacce ed esprimendo a tal fine giudizi positivi/negativi in modi più estremi.

Gli effetti del lampeggiamento possono quindi essere molto più subdoli di quanto si credeva, come ha cercato di dimostrare una ricerca dell’Università di Utrecht, svolta in collaborazione con altre due università olandesi e recentemente pubblicata sul Journal of Experimental Social Psychology.

I ricercatori fermavano i passanti in un centro commerciale e li intervistavano stando ad una distanza di due metri da una di quelle luci lampeggianti arancioni che vengono di solito usate per segnalare i lavori in corso. Per metà degli intervistati il lampeggiante era spento, per l’altra metà è stato invece acceso. 

L’intervistatore descriveva una situazione di lavoro dove si immaginava che l’intervistato ed un suo collega di pari esperienza avessero svolto altrettanto bene un compito analogo, assegnato dal loro capoufficio. La storia poteva finire con un bonus in busta paga di 300 Euro identico per i due lavoratori, oppure poteva finire con il collega che rivela di averne ricevuti più dell’intervistato (500 contro 300). A questo punto, si chiedeva di esprimere un giudizio sulla vicenda narrata.

Analizzando le differenze fra i risultati ottenuti con il lampeggiante acceso o spento e con i due finali della storia, i ricercatori olandesi concludono che “una semplice luce lampeggiante può portare le persone a formulare giudizi più estremi in risposta alla variazione positiva o negativa del finale della storia”.

Morale: quando volete riflettere con calma su una situazione per formarvi un giudizio equilibrato, meglio stare alla larga da oggetti che lampeggiano.

© 2009 Luca Chittaro, Nova100 – Il Sole 24 Ore.