Siamo abituati a dare per scontato che ogni volta che acquistiamo un
nuovo tipo di dispositivo digitale, dovremo rassegnarci ad
imparare una nuova interfaccia utente, diversa ed incompatibile (o solo
parzialmente compatibile) con quella degli altri tipi di dispositivi. Ma perche’ invece non
imparare ad usare un’interfaccia unica per svolgere un’attivita’ che ci interessa
e pretendere poi che sia quell’interfaccia a seguirci ed adattarsi ai
vari dispositivi che vogliamo usare? Questa e’ una delle domande a cui cerca di rispondere una nuova area di ricerca, chiamata interfacce migratorie, all’interno dell’Interazione Uomo-Macchina. Ne ho parlato con Fabio Paternò (nella foto), dirigente di ricerca all’ISTI-CNR di Pisa e responsabile del laboratorio HIIS (Human Interfaces in Information
Systems). Fabio e’ una delle persone che a livello internazionale si stanno dedicando di piu’ alle interfacce migratorie, anche nell’ambito di un nuovo progetto europeo sul tema, sul quale ci fornisce un’anteprima nell’intervista.
Che cos’e’ un’interfaccia migratoria ?
"E’ un interfaccia utente che può dinamicamente trasferirsi tra dispositivi interattivi, adattandosi alle caratteristiche del nuovo dispositivo e mantenendo lo stato che si è determinato con le interazioni fra l’utente ed il dispositivo precedente. Questo implica la possibilità per l’utente di continuare a svolgere le proprie attività passando da un dispositivo ad un altro a seconda del contesto in cui si viene a trovare. Vi sono vari tipi di migrazione e la migrazione puo’ essere anche parziale: solo una parte dell’interfaccia si sposta nel nuovo dispositivo. Ad esempio, immaginiamo una guida multimediale usata da un turista su dispositivo mobile: quando il turista si avvicina ad uno schermo fisso di grandi dimensioni, la parte della guida con i contenuti (immagini, testi, …) migra per poterli presentare meglio su grande schermo, mentre la parte di controllo della navigazione resta sul dispositivo mobile."
Perche’ c’e’ bisogno di questo nuovo tipo di interfaccia?
"La nostra vita quotidiana si caratterizza sempre più per la presenza di una varietà di dispositivi tecnologici interattivi (cellulari, laptop, desktop, palmari, tv digitali, grandi schermi e via dicendo). Una delle maggiori fonti di frustrazione di fronte a tutta questa potenzialità è che quando ci torna utile cambiare dispositivo, perché ci siamo spostati e nel nuovo contesto ve ne è un altro che sarebbe più efficace, dobbiamo chiudere la sessione con il primo dispositivo, attivarne una da capo con il nuovo dispositivo, arrivare allo stato che avevamo raggiunto, per poter poi finalmente continuare. Sarebbe molto vantaggioso poter immediatamente continuare col nuovo dispositivo dal punto in cui si era arrivati con quello precedente, senza perdere tempo. Questo può essere utile per molti tipi di applicazioni in cui si vuole continuare la propria attivita’ anche se ci si sposta, ad esempio quando si usano dispositivi interattivi per giocare, fare shopping o prenotazioni o durante aste on line. Immaginiamo di essere sul treno e di cominciare a prenotare la spesa on-line tramite un telefono, poi arriviamo a casa e ci accorgiamo che vi sono altre cose da ordinare e completiamo la prenotazione della spesa usando la TV digitale con il suo grande schermo che permette di vedere più facilmente i dettagli dei prodotti disponibili."
Che tipo di ricerche innovative svolge il tuo gruppo in quest’area?
"Abbiamo da poco saputo che la Commissione Europea ha approvato una nostra proposta di progetto (OPEN – Open Pervasive Environments for migratory iNteractive Services), di cui sono il coordinatore scientifico, sottomessa alla prima call ICT del Settimo Programma Quadro. Il consorzio comprende gruppi di ricerca di grandi aziende europee (Nokia, SAP, Vodafone), una piccola azienda italiana specializata in giochi interattivi (Arcadia Design) e gruppi dell’Università di Aalborg (Danimarca) e Clausthal (Germania). L’idea è stata di mettere insieme esperti in ambito di interfacce utente, middleware, reti e software engineering per sviluppare servizi interattivi capaci di migrare tra dispositivi con diverse risorse grafiche o modalità di interazione in ambienti con diversi canali di comunicazione, anch’essi con varie caratteristiche (ad esempio, in termini di ampiezza di banda e ritardi). Tali soluzioni dovranno sapere interoperare con le tecnologie esistenti e supportare anche applicazioni multi-utente."
Come cambia il lavoro del progettista di interfacce, se lo guardiamo dalla prospettiva migratoria?
"Solitamente si migra tra dispositivi con diverse risorse di interazione (mi devo muovere, allora migro dal desktop al palmare per poter continuare a lavorare oppure mi sto muovendo con il mio cellulare attivo e mi ritrovo vicino ad un grande schermo, allora migro per sfruttare l’ampiezza del nuovo dispositivo). Quindi i progettisti devono sempre più pensare che mentre le loro applicazioni sono state finora utilizzate principalmente con un solo tipo di dispositivo (il desktop con uno schermo grafico tra i 17 e 20 pollici), nei prossimi tempi saranno sempre più utilizzate da dispositivi interattivi con caratteristiche variegate: schermi che possono andare da pochi pollici a svariate decine di pollici, interazione vocale, gestuale, … Quindi i progettisti dovranno sempre più adottare soluzioni capaci di adattarsi al contesto di uso corrente (dispositivo, utente, ambiente circostante)."