L’uso positivo delle Tecnologie Persuasive/2: contro disinformazione e pregiudizio


Figura 1. Agenti della polizia olandese affrontano esperienze virtuali di potenziale pregiudizio etnico.

Nel precedente post dalla conferenza PERSUASIVE (International Conference on Persuasive Technology), ho illustrato due nuovi progetti di tecnologie persuasive che incoraggiano comportamenti positivi nell’utente. In questo post, considero invece altre due ricerche innovative presentate alla conferenza che hanno lo scopo di ridurre e prevenire comportamenti negativi da parte dell’utente.

Interfacce contro la disinformazione. Come accennato in apertura del precedente post, tecniche persuasive vengono usate da malintenzionati nei social media per spingere i comuni utenti a condividere e diffondere disinformazione. Prendendo atto di tale scenario, un progetto svolto nel Regno Unito dalla Bournemouth University ha come obbiettivo quello di usare le medesime tecniche per lo scopo opposto: incoraggiare il pensiero critico negli utenti. I ricercatori hanno studiato che cosa impedisce attualmente a molti utenti di mettere attivamente in discussione i contenuti fasulli condivisi da altri e proposto delle modifiche all’interfaccia dei social media per mitigare tali impedimenti. Ad esempio, anche di fronte ad una condivisione che riconoscono come profondamente falsa, molti utenti fanno finta di nulla e non osano commentare il post per il timore di offendere pubblicamente la persona che ha condiviso oppure di essere coinvolti in un battibecco pubblico con altri utenti che credono alla bufala. La funzionalità suggerita in questo caso permette di scrivere un commento al post che verrà visto solo e soltanto dalla persona che ha condiviso la notizia, in modo tale che le due persone possano avere una conversazione privata sotto il post più facile e tranquilla per entrambi rispetto a quanto avviene con i commenti tradizionali. Altre funzionalità proposte includono ad esempio l’introduzione di una faccina fra le reazioni possibili ad un post che indichi la sensazione dell’utente di trovarsi di fronte a disinformazione oppure l’assegnazione di badge non solo agli utenti che usano molto le funzionalità di post e commento tradizionale (come avviene ora in alcuni social), ma anche agli utenti che usano funzionalità specifiche per combattere la disinformazione.

Agenti di polizia senza pregiudizi. Un progetto della Polizia Olandese, in collaborazione con l’Università di Twente (Olanda) e il Max Planck Institute for the Study of Crime, Security and Law (Germania), è mirato a ridurre e prevenire forme di pregiudizio etnico da parte degli agenti nel decidere chi fermare per controlli e che azioni intraprendere nei confronti dei fermati. La tecnologia utilizzata è la realtà virtuale, attraverso la quale diventa possibile far vivere agli agenti (v. Figura 1) delle esperienze immersive nelle quali si trovano a sorvegliare aree della città dove sono presenti persone di etnie diverse. Gli agenti sono liberi di intraprendere nel mondo virtuale le azioni che vengono loro spontanee nei confronti delle persone che osservano, ad esempio ignorarle, chiedere loro documenti, far loro domande, orientarsi verso una escalation o de-escalation del livello di tensione, fino ad arrivare a prelevarle e portarle in centrale. Al termine dell’intervento, il comportamento dell’agente nell’esperienza virtuale viene discusso assieme all’istruttore e ai colleghi in classe con la finalità di rendere consapevole l’agente di suoi eventuali pregiudizi, anche inconsci, nel caso si fossero manifestati nel mondo virtuale, onde prevenirne la manifestazione nel mondo fisico.

Testi: © 2023 Luca Chittaro, Nòva  – Il Sole 24 Ore.