Un passeggero su due soffre, a vari livelli di intensita', della paura di volare. Questo fattore puo' caratterizzare negativamente la "user experience" degli utenti del trasporto aereo, ma la buona notizia e' che si puo' fare qualcosa per vincere o almeno tenere sotto controllo tale paura.
Nel seguito, ne parlo con Alberto Colautti (v. foto a sinistra), responsabile del Dipartimento Human Factors di Alitalia, compagnia per la quale e’ anche comandante di velivoli Airbus, istruttore ed esaminatore. In una precedente intervista al com. Colautti, avevamo parlato delle interfacce dei moderni aerei di linea e dello studio dei fattori umani che riguardano i piloti. Ora invece ci spostiamo dall’abitacolo alla cabina e focalizziamo l’attenzione sui fattori umani che riguardano i passeggeri.
Nella precedente intervista, ci hai raccontato degli aspetti psicologici che determinano il miglior comportamento del pilota a bordo. Nel tuo lavoro, approfondisci anche gli aspetti psicologici del passeggero?
"Certamente il passeggero, per una compagnia aerea, è un bene estremamente prezioso e per questo deve avere tutte quelle attenzioni volte a rendere questa esperienza (o necessità) piacevole o quanto meno tranquilla.
Da dove nascono l’aerofobia e le più leggere ansie del volo? La genesi di queste patologie, tra l’altro particolarmente diffuse, ha varie motivazioni. Consideriamo comunque che, a livelli diversi, ne sono interessate più del 50% delle persone. Il primo elemento quindi che posso fornire è che chi ne soffre non si deve sentire una mosca bianca.
Dobbiamo innanzitutto osservare che l’essere umano, malgrado il suo innato desiderio di esplorazione, solo da un secolo utilizza questo nuovo mezzo di trasporto che pertanto soffre di una minore familiarità rispetto a mezzi più tradizionali. L’evoluzione dell’uomo è inoltre avvenuta attraverso migliaia di anni senza la possibilità di volare. Il volo comporta quindi sensazioni nuove: non tutti i giorni le persone si trovano a 10000 metri di altezza o accelerate da 0 a 300 chilometri all’ora in pochi secondi. Queste nuove sensazioni per alcuni sono emozionanti e piacevoli, per altri diventano ansie o incubi profondi. Spesso questa differenza si innesca quando le sensazioni di disagio ricevute dal nostro corpo, assolutamente naturali in tutti, vengono associate ad un evento di pericolo. Per cui se si provano sensazioni non piacevoli, magari a causa di un po’ di turbolenza, si tende ad interpretarle come segnali di rischio. Mi domando perché non facciamo lo stesso ragionamento quando percorriamo una strada di montagna, con molti tornanti e soffriamo conseguentemente di mal d’auto. Spesso a questo esempio gli interessati rispondono: 'Ma la macchina la conduco io'; allora il problema non è più l’aeroplano, ma la nostra volontà di controllare tutto.
Purtroppo, per le sue caratteristiche, l’aeroplano si presta a scatenare ansie da mancanza di controllo: non ho la possibilità di pilotarlo, non ho la possibilità di scendere quando voglio io, non ho la possibilità di aprire i finestrini, elemento quest’ultimo insignificante o comprensibile per molti, ma vitale per i soggetti claustrofobici. Lo stesso problema è presente nei moderni treni veloci e alcuni aliscafi. Questi elementi inevitabilmente creano sensazioni di costrizione."
Spesso l’ansia nasce da interpretazioni errate di sensazioni od eventi non familiari, ma che sono totalmente normali. Potresti esemplificare sensazioni ed eventi tipici a bordo che possono indurre in tali errori il passeggero e che invece non devono preoccupare?
"Un esempio di rilievo riguarda il decollo, dove inizialmente il nostro corpo è soggetto ad un’accelerazione che ci schiaccia verso la poltrona. Qualche istante dopo, il distacco da terra termina questa fase e l’aeroplano sale con una velocità costante. Nel frattempo, il nostro sistema vestibolare ha memorizzato la fase di accelerazione per cui una salita senza accelerazione viene percepita come la sensazione che l’aeroplano non riesca a salire o addirittura che venga respinto verso terra. Nella realtà, l’aeromobile sta invece proseguendo normalmente nella sua traiettoria.
Anche i cosiddetti 'vuoti d’aria', nella realtà effetti dovuti alla turbolenza, provocano sensazioni spiacevoli, ma la struttura dell’aeroplano è costruita per sopportare sollecitazioni ben superiori a quelle immaginabili dal passeggero."
Puoi dare qualche ulteriore suggerimento ai lettori per rendere l'esperienza del volo piacevole (o quanto meno non generatrice d'ansia) ?
"Il primo comporta l’acquisizione di fiducia nel sistema aeronautico in generale, un atto di fiducia che non è basato sulla fatalità degli eventi, ma sulla consapevolezza che è nell’interesse di tutti avere il livello di sicurezza più elevato possibile. Questo livello di sicurezza è garantito attraverso processi e verifiche continue, spesso nemmeno immaginabili in altri ambienti. La progettazione del velivolo che deve superare prove ben più impegnative di quelle cui verrà regolarmente sottoposto. Una ridondanza di sistemi e del personale che gestisce il mezzo. Una manutenzione continua sui componenti. Un addestramento ricorrente su tutte le persone coinvolte nel 'sistema aviazione', in particolare gli equipaggi di volo che trascorrono diverso del loro tempo in addestramento, formazione e verifica continua del mantenimento delle loro abilità professionali.
Voglio spiegare in maggior dettaglio il concetto di ridondanza: nelle automobili, se si spegne il motore inevitabilmente ci dobbiamo fermare, un velivolo bimotore è in grado invece di volare tranquillamente anche a seguito di avarie ad un impianto di propulsione. Lo steso paragone può essere fatto sull’impianto elettrico, un problema all’alternatore dell'automobile ci costringerà dopo poco ad accostare, un moderno aeroplano civile ha più generatori elettrici e sistemi alternativi in grado di alimentare tutti gli apparati di bordo.
Immaginiamo ora di essere giunti a bordo. Se l’ansia è consistente, suggerisco di comunicare il disagio agli assistenti di volo, che sono consapevoli di queste situazioni e addestrati per fornire un supporto adeguato. Un altro aiuto viene dalla coscienza che eventuali sensazioni particolari alle quali è sottoposto il nostro corpo, sono assolutamente normali e non premonitrici di sventure. Mi riferisco alle sensazioni che si possono ricevere durante alcune fasi di volo come la salita, la discesa o le virate. Durante queste manovre inevitabilmente il corpo umano è sottoposto ad accelerazioni e ad assetti che non sempre possono essere familiari. Conoscere delle tecniche di rilassamento, ad esempio training autogeno o rilassamento progressivo di Jacobson, ci può aiutare proprio in queste situazioni. Anche informarsi attraverso forum dedicati, come il forum sulla paura di volare di www.ilvolo.it moderato dal dott. Luca Evangelisti, psicoterapeuta e grande esperto in aerofobie (v. anche l'Intervista al dott. Evangelisti: PARTE 1 e PARTE 2), può aiutarci a sfatare fantasie o dubbi anche naif (ad esempio, tempo fa un passeggero ci chiese come potesse volare un aeroplano se non sbatteva le ali) che possono scatenare ansie. Piuttosto che rimanere con dubbi e conseguente malessere, al più tardi a bordo, se non comprendiamo alcune situazioni, rumori o vibrazioni particolari è possibile chiedere spiegazioni al personale di volo.
Infine, le principali compagnie, proprio perché consapevoli di questi fenomeni e attente alle necessità dei clienti, organizzano periodicamente dei seminari per superare queste forme di disagio. Questi seminari si avvalgono anche della realtà virtuale, come quella impiegata nei moderni simulatori di volo, dove il partecipante può sperimentare in un ambiente protetto sensazioni rumori e vibrazioni esattamente simili a quelle di un volo reale."
Potresti descrivere qualche caso che ti ha colpito particolarmente di passeggeri che hai aiutato nel vincere la paura di volare e come ci sei riuscito?
"Curiosamente alcuni voli possono innescare più di altri patologie aerofobiche, tra questi ad esempio per gli adolescenti il primo viaggio di studio all’estero. Non che Parigi come Londra o Madrid posseggano caratteristiche topografiche tali da attivare fobie, ma è la particolarità dell’evento, il primo distacco dalla famiglia, il raggiungimento di un luogo poco familiare, tutti elementi che possono contribuire a generare questi fenomeni.
Naturalmente, in questi casi cerco di mantenere un costante livello di comunicazione con i passeggeri informandoli anticipatamente sugli eventi principali, fornendo maggiori informazioni riguardo eventuali procedure particolari come l’eventuale sghiacciamento delle superfici alari oppure attese a terra od in volo, o l’attraversamento di zone con possibile turbolenza.
L’obiettivo è di limitare il più possibile 'effetti sorpresa' che, per mancanza di conoscenza, potrebbero attivare ansie o timori, in particolare negli individui con una particolare tendenza al controllo.
Tempo fa, invece, durante le operazioni di imbarco notavo una persona che con molta gentilezza lasciava tranquillamente passare avanti tutti gli altri passeggeri fino a rimanere da sola di fronte alla porta. Vista la sua titubanza all’ingresso, mi sono avvicinato e con una scusa banale ho cercato di instaurare un dialogo che le distogliesse l’attenzione dal viaggio e dall‘oggetto fobico rappresentato in quel momento dall’aeroplano. Con molta discrezione, una volta a bordo, questo immaginario testimone è stato passato ad un assistente di volo che analogamente ha garantito quell’attenzione di cui la persona aveva bisogno. In pratica, è stato un misto di empatia, senso di tranquillità e professionalità dimostrato dall’equipaggio, oltre alla garanzia di sentirsi accudito che ha consentito a questo passeggero di volare con più tranquillità. Il senso di solitudine o abbandono non fa altro infatti che aumentare le nostre paure mentre proprio il volo, anche per il suo significato simbolico deve rappresentare la libertà…"
Abitacolo dell'aereo Airbus 320 (Photo credits: Alitalia).