Quando possiamo dire che un sito Web è 'bello' ? E che cosa determina la 'bellezza' del sito ?
Per rispondere sinteticamente a queste domande, avevo scritto due mesi fa un articolo per la versione cartacea del Sole 24 Ore (inserto Nòva 147 del 6/11/08). Dato che l'articolo è successivamente stato pubblicato on-line dal sito principale del Sole 24 Ore, lo riporto nel seguito, aggiungendogli link e figure non presenti in quella versione on-line.
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Se inseriamo il termine "web design" in un motore di ricerca, troveremo facilmente un gran numero di suggerimenti su argomenti quali i fondamenti dell'uso del colore, varie nozioni tipografiche e particolari strumenti informatici per il Web come il linguaggio HTML o i fogli CSS. Nonostante queste conoscenze siano fondamentali per la costruzione di un sito, il compito di un web designer al passo con i tempi va ben oltre. Il design del Web impone infatti il non facile compito di ricercare il giusto equilibrio tra due obbiettivi non sempre in armonia fra loro, ma entrambi cruciali nel creare la cosiddetta user experience, cioè l’esperienza globale che l’utente vivrà nella visita al sito. Da un lato, il design deve coinvolgere emotivamente l’utente, dall’altro deve garantire un elevato livello di usabilità. Focalizzarsi prettamente sul primo obbiettivo produce un sito che può essere esteticamente bello e sensorialmente stimolante, ma che può rendere difficile svolgere anche i compiti più tipici, quali la navigazione all'interno della struttura del sito, la lettura di informazioni o il riempimento di un modulo. Focalizzarsi solo sull'usabilità permette invece di costruire siti efficienti e funzionali, ma rischia di trasformare il Web in un grigio ed indistinto panorama di siti privi di personalità, tutti simili fra loro.
Guardando al web attuale, il ricorso a numerosi fronzoli estetici scorrelati dalla funzionalità è tipico di siti che ad esempio hanno per scopo primario la promozione di un prodotto (una nuova automobile, un gruppo musicale, un videogioco, una linea di orologi,…), mentre i siti per cui la funzionalità è centrale concentrano la ricerca del bello sui piccoli dettagli, anch’essi importanti nel dare una personalità al sito e rendere piacevole l’uso della funzionalità offerta. Google è un caso particolarmente emblematico, basato su un design assolutamente minimalista ed un uso della grafica ridottissimo, focalizzato sulla scelta oculata di pochi elementi. Memorabile in tal senso il logo della pagina principale e le suggestive trasformazioni che subisce in occasione di particolari eventi (la figura qui sotto illustra come il sito appariva in una versione “dark” con tanto di coltelli e candele in occasione di Halloween 2008).
Un esempio curioso di come, nei siti Web più noti, la creatività si nasconda spesso nei piccoli dettagli è il modo in cui tempo fa YouTube ha deciso di informare gli utenti della temporanea indisponibilità del servizio. Mentre la maggior parte dei siti web – di fronte ad una simile evenienza – si limita a presentare agli utenti un grigio, laconico e demoralizzante messaggio d’invito a ritornare più tardi, YouTube ha cercato di rendere per quanto possibile piacevole anche questa esperienza, con una grafica (uno scienziato pazzo alle prese con le provette dei suoi esperimenti, v. figura sotto) ed una scelta di parole associata (“Siamo impegnati a lanciare alcuni nuovi intrugli e formule. Torneremo presto… ipotizzando che tutte le reazioni siano stabili”), che ha permesso a numerosi utenti di lasciare la pagina con un sorriso.
La tendenza a ricercare l’esperienza piacevole del Web nei dettagli è rimarcata anche dal nuovo libro di Luke Wroblewski, noto graphic designer statunitense al servizio di siti quali eBay ed ora Yahoo. Dopo un libro (“Site-Seeing: A Visual Approach to Web Usability”) in cui aveva affrontato in generale gli aspetti visuali del web design, in questa nuova opera (“Web Form Design: Filling in the Blanks”) Wroblewski si concentra su quello che i web designer tendono a considerare uno degli elementi più noiosi e banali da sviluppare di un sito, cioè i moduli (form) che l’utente deve riempire per ottenere un qualche servizio. L’autore cerca di sensibilizzare i Web designer su come dei form progettati senza attenzione per l’utente possano danneggiare l’immagine di un brand tanto quanto un cattivo design degli elementi grafici più vistosi e suggestivi del sito, ai quali il web designer preferisce spesso dedicare maggior attenzione.
Ma il dibattito fra designer su che cosa sia e come possa essere definito il bello su web è acceso. Uday Gajendar, interaction designer in Silicon Valley con all’attivo lavori realizzati per Oracle, Adobe e Cisco, ha cercato di unire le varie posizioni in una (necessariamente lunga) definizione sul numero di Ottobre della rivista internazionale Interactions: l’armonia estetica di un sito è raggiunta quando esso fornisce “alti livelli di narrativa, stile, utilità e prestazioni, consonanti fra loro, interdipendenti e che contribuiscono ad una memorabile, positiva qualità di coinvolgimento che è ricca e gradevole; sono presenti un senso di flusso e trasparenza dell’interfaccia, soddisfazione e piacere d’uso, ma anche forte relazione con il brand e rispetto della sua promessa”.
A quanto dice Gajendar, va però aggiunto che anche nel mondo del Web vale il noto adagio che vuole la bellezza nell’occhio di chi guarda più che nell’oggetto osservato. In tal senso, due caratteristiche importanti dell’utente web che influenzano la percezione estetica di un sito sono il contesto culturale in cui vive e l’età anagrafica. Il contesto culturale influenza aspetti quali il gradimento della scelta di colori (ad esempio, in alcune culture il bianco è il colore del lutto oppure c’è una forte predilezione per il rosso, associato al buon auspicio), così come la scelta di altri elementi grafici quali le immagini usate dal sito. Si è ad esempio visto che nelle descrizioni di aziende su Web gli utenti statunitensi preferiscono immagini di persone che lavorano assieme (ad esempio, un team multi-razziale e che coinvolga sia uomini che donne), mentre in alcuni stati asiatici è preferibile usare immagini che enfatizzino l’organizzazione (gli edifici, i mezzi,…) invece che le persone. E perfino il minimalismo spinto di Google deve fare i conti con i fattori culturali: ad esempio, nella versione di Google per il mercato coreano (v. figura sotto), sono state inserite varie icone e colori che vanno incontro alla predilezione dei coreani per interfacce graficamente cariche.
Per quanto riguarda invece l’età dell’utente web, mentre è facilmente comprensibile che un bambino abbia delle esigenze particolari per giudicare bello un sito, si tende a non riflettere o a non sapere che negli adulti la percezione cambia man mano che l’età avanza. Ad esempio, nonostante non ce ne accorgiamo perché il processo è lento, la nostra percezione del colore ingiallisce con il passare degli anni. E diminuisce il numero di elementi grafici che riusciamo a gestire cognitivamente nella stessa schermata. Quindi, il designer trentenne che sta progettando un sito destinato ad utenti anziani (ad esempio, per un prodotto assicurativo) vedrà letteralmente il sito con altri occhi rispetto alla sua utenza target. Una recente collaborazione fra University of Manchester e City University of London si è focalizzata proprio sull’identificazione di linee guida essenziali per il design di siti web destinati ad un pubblico anziano, distillandone 38 che spaziano dalle caratteristiche degli elementi grafici alla massima semplificazione dell’interazione.
Va infine segnalato che, oltre alle linee guida per la costruzione di siti, è importante disporre di strumenti per poter misurare la user experience, se si vuole affrontare lo sviluppo di un sito da una prospettiva industriale. Cresce così l’utilizzo sia di particolari tecnologie come l’eye-tracking per analizzare i movimenti oculari degli utenti che guardano un sito, sia di vari tipi di questionari per misurare l’esperienza soggettiva, anche emotiva, vissuta dal visitatore del sito.