La ricerca su come le persone prendono decisioni morali è tradizionalmente basata sul far immaginare ad un campione di persone delle situazioni ipotetiche in cui le possibili decisioni da prendere comportano danni ad esseri umani. Come esempio di questi dilemmi morali, tradizionalmente usato dagli anni '80 ad oggi, si può citare il "Trolley dilemma", che viene descritto ai partecipanti agli esperimenti con questo testo:
"Un vagone ferroviario fuori controllo si sta dirigendo contro cinque persone che verranno uccise se continua a procedere nell'attuale direzione. L'unico modo per salvarle è premere un interruttore che devierà il vagone verso un altro binario dove ucciderà una invece che cinque persone. E' appropriato per te deviare il vagone per salvare cinque persone a spese di una?"
Quando le persone danno una risposta affermativa a domande di questo tipo, si dice che il loro giudizio è utilitaristico (dall'utilitarismo di John Stuart Mill, secondo cui le buone azioni morali sono quelle che massimizzano il benessere del maggior numero di persone coinvolte in una situazione). Quando invece le persone danno una risposta negativa, si dice che il loro giudizio è deontologico (dalla deontologia Kantiana, secondo cui lo status morale di un'azione non dipende dalle sue conseguenze ma dalle caratteristiche dell'azione stessa relative ai diritti ed ai doveri delle persone coinvolte).
Negli ultimi anni, questo genere di esperimenti ha subito però critiche in merito all'utilizzo di brevi testi scritti usati per mettere le persone di fronte al dilemma. Leggere un testo di poche righe è infatti immensamente diverso dal trovarsi veramente di fronte alla situazione critica e mette quindi in dubbio la trasferibilità dei risultati ottenuti al mondo reale. D'altra parte, chi conduce questi studi sottolinea che non sarebbe proponibile creare delle situazioni dove degli esseri umani possano essere in qualsiasi modo danneggiati ai fini di un esperimento.
Questa situazione di impasse ricorda i motivi per cui sono nate le prime ricerche sulla realtà virtuale: ricreare nel modo più realistico possibile (ma senza rischi per gli esseri umani) delle situazioni troppo pericolose da vivere in prima persona, come un'emergenza a bordo di un aereo o un agguato in un campo di battaglia. I decenni di ricerca e pratica nella realtà virtuale hanno poi mostrato come le persone tendono a rispondere in modo realistico alle simulazioni 3D, tanto che quest'ultime possono essere usate per finalità di addestramento all'esercizio di professioni e di abilità nel mondo reale.
Partendo da questa intuizione, in una collaborazione multidisciplinare fra HCI Lab e SISSA Social Neuroscience Lab, abbiamo condotto un esperimento in cui viene usata la realtà virtuale per riprodurre nel modo più realistico possibile (vedi il video qui sotto per un'illustrazione di alcune delle simulazioni che abbiamo creato in laboratorio) i tipi di dilemmi morali che la ricerca classica descrive solo con poche righe di testo. E le sorprese non sono mancate.
I risultati della ricerca, pubblicati sul numero appena uscito della rivista internazionale Social Neuroscience, hanno infatti mostrato come il far vivere virtualmente i dilemmi morali cambi le decisioni che le persone prendono rispetto a quanto si ottiene con gli stessi dilemmi descritti tradizionalmente in forma di testo. In particolare, quando una persona viene fatta agire nel mondo simulato dalla realtà virtuale tende a prendere più decisioni utilitaristiche rispetto a quando le viene chiesto di esprimere un giudizio sui medesimi dilemmi descritti in forma testuale.
C'è quindi una discrepanza fra giudizio espresso nelle condizioni impoverite della lettura del testo scritto e le azioni intraprese nella situazione più fedele e realistica della simulazione 3D: i partecipanti che con il testo scritto giudicavano inappropriato intraprendere azioni che sacrificano un individuo per salvarne altri, tendevano ad agire in modo più utilitaristico quando poste di fronte al mondo virtuale, contraddicendo quindi la posizione deontologica che avevano di fronte al testo scritto. La misurazione dell'attivazione emotiva dei partecipanti, eseguita con sensori fisiologici, segue di pari passo il tipo di stimolo ricevuto ed è più alta con la simulazione in realtà virtuale rispetto all'immaginazione della situazione del testo scritto.
Per una discussione più ampia e dettagliata della ricerca sui dilemmi morali e dei risultati dell'esperimento, l'articolo completo può essere scaricato a questo link.