Quando si costruisce un’interfaccia fra uno strumento
tecnologico ed una persona, prima o poi il designer deve fare delle scelte di
parole (cosa scrivere su quel bottone, come chiamare quella funzionalita’,…).
Un tempo tali parole venivano scelte senza rifletterci
molto. Un esempio storico fu quello di vecchi software che erano
dotati di un comando “Abort” (per ordinare di sospendere un’attivita’) e che nel mondo anglosassone non incontravano il
favore del pubblico femminile (immaginatevi se in italiano dovessimo dire
“abortisci” per far fare qualcosa al nostro computer…).
Ma la questione non riguarda semplicemente il gradimento
verso la parola. La cosa piu’ importante e’ che cio’ che la parola evoca andra’ ad influenzare notevolmente il modo in cui l’utente usa lo strumento.
Consideriamo un esempio recente: il sito Myspace,
disponibile ora anche in versione italiana. Per chi ancora non lo conoscesse,
Myspace e’ il piu’ popolare fra quei siti che permettono di costruirci la
nostra rete sociale (“social networking”): in pochi minuti, possiamo creare una
nostra pagina personale con la nostra foto, la descrizione di noi stessi ed un
nostro blog e possiamo iniziare ad entrare in contatto con altri utenti
Myspace. Una delle funzionalita’ che il sito ci fornisce e’ una
lista di utenti che autorizziamo a scrivere dei commenti pubblici sulla
nostra pagina e da cui riceviamo analoga autorizzazione. I designer che hanno
costruito Myspace si sono quindi trovati a scegliere come chiamare i membri di
questa lista.
Potevano chiamarli nostri “contatti”, “commentatori”, “corrispondenti”, “assidui lettori” o “membri
della mia rete” e decine di altre possibilita’… I designer hanno riflettuto e la scelta e’ caduta sulla parola
“amici”. E la parola ha dato inevitabilmente forma ai modi in cui gli utenti
Myspace usano la funzionalita’, a seconda di cio’ che la parola “amicizia”
evoca in loro. Alcuni esempi interessanti:
- Di fronte ad una
vostra richiesta di inserimento nella lista, molti utenti Myspace leggeranno con
attenzione e piu’ volte il vostro profilo, magari poi vi invieranno anche dei
messaggi privati per chiarire meglio chi siete ed alla fine e’ comunque
difficile che finiate nella loro lista. Per questi utenti, l’amicizia e’ qualcosa di molto serio. - Altri utenti invece arrivano ad inviare e/o accettare
centinaia di richieste alla settimana quasi a caso, raggiungendo numeri incredibili
(centinaia di migliaia nei casi piu’ estremi) di “amici”. Per loro, nell’amicizia cio’ che conta sono i numeri: piu’ e’ lunga la lista, piu’ vorra’ dire che sono conosciuti, simpatici, ricercati, popolari,… - Alcuni utenti cercano su Myspace se personaggi famosi
(cantanti, scrittori, attori,…) hanno una loro pagina personale, chiedono di
essere inseriti nella lista (cosa che prontamente avviene, in quanto la pagina del famoso e’ tipicamente gestita da chi e’ pagato per curarne la promozione) e poi esibiscono orgogliosamente sulla loro pagina il fatto
che il personaggio famoso e’ loro “amico” e scrivono commenti sulla pagina del
personaggio famoso su quanto sono incredibilmente onorati di averlo come
“amico”.
Gli utenti si sarebbero comportati in questi modi se fosse stata scelta la parola “contatti” o una
qualsiasi parola diversa da “amici”? No, un "contatto" e’ ben altra cosa da un "amico". Lo strumento tecnologico e
la funzionalita’ informatica sarebbero rimaste uguali, ma la scelta di una parola diversa
avrebbe cambiato il modo in cui gli utenti percepiscono ed usano tale
funzionalita’. In altre parole, avrebbe dato un’altra forma all’interazione.
Anche nell’Interazione Uomo-Macchina, vale quindi cio’ che urlava il
personaggio interpretato da Nanni Moretti in Palombella Rossa: “Le parole sono
importantiiiii!”. Ed e’ bene che i designer dell’interazione siano consapevoli di come parlano agli utenti.