Fra gli effetti negativi dell’uso di strumenti digitali, viene citata sempre più spesso la “solitudine digitale”, un termine usato per descrivere uno stato afflittivo, che evoca immagini di persone isolate in un deserto di macchine, ma che suona anche contradittorio. Com’è possibile sentirsi soli quando, grazie alla tecnologia digitale, possiamo essere sempre connessi ad un numero di persone senza precedenti?
Gli oppositori del digitale descrivono la solitudine digitale come un’epidemia inevitabile che si diffonde con l’uso degli smartphone, ma se vogliamo esaminare il tema in modo equilibrato, la prima trappola da evitare è la banale uguaglianza tra tecnologie digitali e solitudine digitale. E’ possibile sentirsi soli quando ci si trova assieme ad amici nel mondo fisico, come è possibile sentirsi invece in forte contatto emotivo interagendo online. L’interazione digitale non implica automaticamente la solitudine e ciò spinge a chiederci come possiamo usare le tecnologie digitali consapevolmente per combattere la solitudine invece che promuoverla.
La ricerca sulla prevenzione degli effetti negativi delle tecnologie digitali si è concentrata molto sul tempo di utilizzo quotidiano, forse perché è una metrica che chiunque può capire. Inoltre, una linea guida che dica semplicemente “non superare questo numero di minuti e tutto andrà bene” farebbe la felicità di molti genitori. Jean Twenge ha pubblicato molto su questa metrica, con una particolare attenzione verso gli adolescenti. Ad esempio, sulla rivista Preventive Medicine Reports, ha messo in guardia sull’associazione fra tempo passato nel digitale e minor benessere psicologico, compresa la maggior difficoltà nel fare amicizia. Altri ricercatori la pensano però diversamente. Ad esempio, un nuovo studio dell’Università di Oxford, appena pubblicato su Psychological Science, si è applicato al tema usando metodi di analisi statistica particolarmente rigorosi. Gli autori concludono che la correlazione negativa tra il tempo nel digitale e il benessere psicologico è “troppo piccola per meritare una discussione scientifica sostanziale e, se confrontata con altre attività degli adolescenti, è minuscola”.
All’origine di queste divergenze, c’è probabilmente il fatto che il solo tempo di utilizzo è una metrica troppo primitiva per comprendere i fenomeni. Ci sono fattori più importanti da considerare quali gli scopi per cui l’utente usa il digitale. Se, ad esempio, l’utente dedica le sue giornate al “binge watching” su Netflix, è probabile vedrà ridursi la propria vita sociale, semplicemente perché non la coltiva. Per chi invece usa gli strumenti digitali ai fini della relazione con altri, è essenziale capire se li usa in modo efficace.
Se ben utilizzata, la comunicazione testuale tipica dell’instant messaging e dei social network può essere un alleato prezioso nella fase iniziale di creazione di nuove amicizie. A differenza della relazione faccia-a-faccia, non richiede infatti di gestire i canali non-verbali attraverso cui comunichiamo, quali lo spazio personale, il contatto oculare e gli sguardi, il linguaggio del corpo, i toni della voce. Ciò riduce il carico cognitivo ed emotivo e permette di concentrarsi soltanto sulla scelta delle parole. Inoltre, la comunicazione può essere asincrona: non è necessario rispondere immediatamente al messaggio, ma si può riflettere sulla risposta. L’atmosfera più leggera che si viene a creare può incoraggiare anche la persona più timida a fare la prima mossa.
Questo va inteso però come un primo passo, perché un semplice aumento del numero di contatti in rete probabilmente non ci farà sentire meno soli. Siamo esseri che cercano significato e la crescita di una relazione passa per lo sviluppo di un senso di intimità, che può sembrare difficile sperimentare online. In realtà, uno studio dell’Indiana University ha mostrato come conversazioni intime, nelle quali gli utenti si aprono anche su problemi molto personali ed esistenziali, avvengono persino all’interno di World of Warcraft, il popolare gioco online.
Una caratteristica di alcuni strumenti digitali che favorisce lo sviluppo di un senso di intimità è il supporto di alcuni degli aspetti non-verbali citati in precedenza. Ad esempio, le ricerche sugli amici che vengono fisicamente separati da un trasferimento in altra città hanno dipinto l’e-mail come uno strumento più “freddo”, utile per preservare la continuità della relazione, ma non per la sua crescita. Al contrario, gli strumenti che fanno sentire la voce dell’altro in audio si sono rivelati efficaci nel promuovere la crescita della relazione.
Inoltre, nelle amicizie nate online, emerge la tendenza a passare gradualmente dalla comunicazione testuale a quella audio, ed eventualmente video, fino ad arrivare all’incontro nel mondo fisico. In altre parole, gli strumenti forniscono degli strati software protettivi, un’estensione del concetto di spazio personale, che possiamo variare all’aumentare di interesse e fiducia verso l’altro.
In un’ottica positiva di salute sociale, gli strumenti digitali vanno visti come un ponte verso una destinazione: le relazioni multimodali. Con questo termine, utilizzato dal neuroscienziato sociale John Cacioppo, si intende la combinazione di relazioni che nascono nel mondo fisico, ma poi vengono migliorate dall’aggiunta di una dimensione online, e di relazioni che nascono nel mondo online ma possono trasferirsi anche nel mondo fisico, aumentando le opportunità di vincere la solitudine.
Questo articolo è apparso sull’edizione cartacea del Sole 24 Ore del 7 Luglio 2019 con il titolo “Il digitale che migliora le relazioni umane”