Cronenberg, Poe e l’immersione in mondi virtuali

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In un commento al blog di Cristiana Mastropietro, blumen-girl scrive:

In vacanza in montagna a dodici anni esco dalla sala giochi dove ho
consumato l’ennesima partita a Tube Panic, un gioco molto movimentato
in cui tu sei un’astronave e devi uscire indenne da diversi tunnel
infestati da nemici da colpire e schivare.. e così, ormai virtualmente
immersa nella realtà del giochino, attraversando la strada m’imbatto
nella jeep della forestale (verde come i nemici) e, con terrore, mi
sorprendo a pensare che.. sì , adesso posso andargli adosso, tanto ho
la barriera!

Questo aneddoto e’ uno spunto perfetto per fare delle riflessioni sui concetti (cruciali nell’interazione con mondi virtuali) di immersione e presenza. Come definizione informale, possiamo dire che siamo immersi o presenti in un mondo virtuale, quando sperimentiamo la sensazione di "essere li’". Il mondo virtuale e’ rappresentazione (di una corsa in auto, di un combattimento contro dei nemici, o di qualsiasi esperienza il suo programmatore crei) e non realta’, ma a noi sembra lo stesso di "essere li’".

Come definizione piu’ precisa, possiamo considerare quella che Zyda e DeFanti danno nel loro libro di testo sulla realta’ virtuale:

l’immersione e’ la sensazione di essere in un ambiente; l’immersione puo’ essere di tipo mentale (uno stato di profondo coinvolgimento,  con sospensione dell’incredulita’) e/o fisica (la sensazione di essere entrati con il corpo nell’ambiente, grazie  agli stimoli sintetici che i nostri sensi ricevono dalla macchina).

I creatori di mondi virtuali (videogiochi o applicazioni professionali, ad esempio per l’addestramento) mirano a raggiungere il massimo di immersione possibile ed uno dei temi di ricerca nell’interazione con mondi virtuali riguarda proprio la misurazione del senso di immersione e presenza, ad esempio mediante misurazioni fisiologiche durante l’esperienza virtuale o questionari somministrati al termine dell’esperienza.

Un tema su cui si lavora un po’  meno e’ valutare se l’immersione termina esattamente quando usciamo dal mondo virtuale o si prolunga parzialmente e in che modi anche in momenti successivi. Chiunque abbia provato a giocare per lunghi periodi ad un videogioco ha probabilmente avuto occasione di sperimentare una sensazione che possiamo chiamare "Are we still in the game?" ("siamo ancora nel gioco?"), illustrata molto bene nel commento di blumen-girl. Chi ha avuto modo di sperimentarlo in prima persona, sa che una lunga immersione in un mondo virtuale, puo’ farci sperimentare, una volta rientrati nella realta’,  una specie di "twilight zone" dove elementi dell’esperienza virtuale riaffiorano e si mescolano al mondo reale.

Il sempre visionario regista David Cronenberg ha elaborato su questo fenomeno, portandolo al suo estremo nel purtroppo sottovalutato film Existenz. I due protagonisti del film sono accaniti giocatori di un nuovo tipo di videogioco che simula situazioni di vita e riesce a rendere totale sia l’immersione mentale che fisica in esse. Man mano che il tempo trascorso all’interno del gioco cresce, i due giocatori hanno sempre piu’ difficolta’ a capire quando sono nel gioco o meno, per cui anche l’azione di uscire dal gioco potrebbe essere in realta’ una delle possibili azioni svolte all’interno del gioco, come quando in un sogno ci si immagina di svegliarsi ma in realta’ il sogno continua. E procedendo nella visione del film, anche lo spettatore ad un certo punto non capisce piu’ su che piano si svolge l’azione: siamo nel gioco o siamo nella vita reale dei protagonisti?

Quasi due secoli fa, Edgar Allan Poe scrisse: "Tutto cio’ che vediamo o a cui rassomigliamo e’ soltanto un sogno dentro un sogno?". Oggi possiamo dire piu’ brevemente: "Are we still in the game?".