Anche in Italia si inizia a parlare un po’ di piu’ di design di servizi. D’altra parte, ogni giorno entriamo in contatto con una miriade di servizi: in metropolitana, autobus, treni, ospedali, uffici comunali, uffici postali, luoghi di ristorazione, cinema, parcheggi,… E questa miriade di servizi usa sempre piu’ nuove tecnologie che, si suppone, dovrebbero migliorare il servizio e la nostra interazione con esso.
Ma l’interazione non va lasciata al caso, va progettata. Per questo il design e lo studio degli aspetti di Interazione Uomo-Macchina sono importanti. Sfortunatamente, quando le persone sentono parlare di Interazione Uomo-Macchina, noto pero’ che pensano subito e solo agli strumenti tecnologici, quali computer, dispositivi e macchinette varie. In realta’, gli strumenti tecnologici costituiscono solo un terzo di cio’ che bisogna studiare nella progettazione di un servizio veramente utile. Qual’e’ il quadro completo quindi? I livelli principali da approfondire sono tre ed ognuno di essi merita lo stesso livello di attenzione:
- la Tecnologia: dobbiamo conoscere la miriade di opzioni tecnologiche offerte dal mercato per poter scegliere le soluzioni piu’ efficienti, affidabili, sicure, ma allo stesso tempo economiche, da introdurre nel servizio.
- gli Utenti: dobbiamo conoscere le varie categorie di persone che fruiranno del servizio o che lavoreranno per fornirlo, i loro bisogni, le loro preferenze, i criteri che usano per giudicare se il servizio e’ stato fornito in modo efficace, al fine di dare alle tecnologie che scegliamo le forme che le rendano sia facili che utili da usare per le diverse categorie di persone.
- il Contesto: una soluzione tecnologica non galleggia nel vuoto dello spazio siderale, ma viene sempre inserita in un contesto fisico (un particolare edificio, un mezzo di trasporto, una piazza,…), organizzativo (quella tecnologia aiuta tipicamente a compiere una sola di una serie di attivita’ necessarie a fornire il servizio: ad esempio, la macchinetta che vende i biglietti in stazione e’ solo un anello della catena che mi permette di viaggiare da una citta’ ad un’altra) e sociale (l’utente non e’ da solo davanti alla macchina, ci sono altre persone e con ruoli diversi che si muovono in quel contesto fisico ed organizzativo ed esercitano vari tipi di influenze sull’utente). Dobbiamo conoscere il contesto del servizio.
Purtroppo le aziende a cui viene affidato il compito di “modernizzare” i servizi pubblici si preoccupano spesso solo di un terzo del lavoro (la tecnologia). Penso che ogni lettore abbia in mente degli esempi dove si trova a lottare in luoghi pubblici con macchinette totalmente inusabili che aggiungono frustrazioni inutili e perdite di tempo alla propria giornata.
Le aziende piu’ illuminate hanno iniziato a preoccuparsi del secondo livello e cercano di migliorare l’usabilita’ delle macchinette che creano. Attenzione pero’ che anche il piu’ attento studio degli aspetti di usabilita’ puo’ essere completamente vanificato dalla mancata considerazione del terzo elemento: gli aspetti contestuali. Come semplice esempio, immaginiamo di aver progettato una macchina molto facile da usare per vendere biglietti del treno, curando vari aspetti da quelli ergonomici (ad esempio, dei tasti di proporzioni generose, facili da trovare, raggiungere e schiacciare per le mani di utenti di qualsiasi livello di abilita’ motoria) fino alle modalita’ di comunicazione (ad esempio, parla con una voce umana in semplice linguaggio naturale). L’abbiamo valutata in laboratorio con numerosi utenti e misure di usabilita’ eccelse. Ma poi la portiamo fuori dal laboratorio e la mettiamo in servizio nelle stazioni e scopriamo che l’ambiente della stazione e’ rumoroso e gli utenti hanno difficolta’ a capire cosa la macchina dice loro (mancanza di considerazione dei vincoli fisici), che gli impiegati della stazione non vanno a cambiare il nastro della stampante interna agli intervalli prestabiliti (mancanza di considerazione dei vincoli organizzativi), che la tastiera fa vedere troppo facilmente alle persone che attendono in fila che tipo di biglietto sta acquistando l’utente e che codice di bancomat sta digitando sulla tastiera (mancanza di considerazione dei vincoli sociali). E che, come risultato finale, quella macchinetta e’ diventata un fastidio per tutti: sia per chi fornisce i servizi nella stazione, sia per chi dei servizi usufruisce.
Gli esempi presi dal mondo reale sono pieni di incubi peggiori del mio semplice esempio. Il mondo degli ospedali e’ in particolare una fonte ricca di situazioni dove macchinette varie vengono inserite in diverse tappe attraverso cui l’utente deve passare per fruire del servizio di diagnosi e cura, senza considerare ne’ l’usabilita’ delle macchinette, ne’ il contesto fisico, organizzativo e sociale in cui quelle tappe sono inserite. Come caso di studio su come in Italia il design di servizi sia trascurato, vi consiglio fortemente di leggere dall’inizio alla fine la cronaca kafkiana dell’interazione di un utente con un servizio ospedaliero, narrata da Roberto Dadda.
Incidentalmente, quella cronaca contiene un refuso (“macchietta automatica” invece di “macchinetta automatica”), ma, Roberto, ti prego di non correggerlo: se quella “macchinetta” che hai descritto richiede l’aiuto costante di un dipendente dell’ospedale per poter essere usata dagli utenti, allora e’ proprio una grottesca “macchietta”!