Il video qui sotto mostra l’impressionante livello di realismo raggiunto dalle attuali ginoidi (robot antropomorfi di sembianze femminili, da non chiamare androidi come si vede spesso erroneamente fare con questo tipo di macchina). Si tratta innegabilmente di un ulteriore passo in avanti nel processo di antropomorfizzazione delle macchine, ma quali le possibili applicazioni pratiche?
Ad esempio, le ginoidi potranno dare una dimensione fisica al concetto di “assistente virtuale”, delle cui limitazioni abbiamo discusso nei precedenti post su Anna di IKEA e Silvia di Cartasi. Alle future generazioni di assistenti virtuali stringeremo la mano e le troveremo ad aspettarci, mai stanche e sempre gentili, 24 ore su 24, in luoghi come aeroporti, stazioni, ma anche centri commerciali, uffici pubblici, etc. per cercare di aiutarci a fare il check-in, avere informazioni sugli orari dei treni, accompagnarci fisicamente al negozio o all’ufficio che stiamo cercando, …
Inoltre, alcuni paesi asiatici come la Corea del Sud od il Giappone, stanno attualmente lavorando molto su robot destinati ad avere interazioni sociali con gli umani, per adibire queste macchine a ruoli come quello della badante o della babysitter. E per facilitare tali interazioni, l’antropomorfizzazione certamente aiuta.
E’ venuto quindi il momento di chiedersi fino a che punto si spingera’ la relazione fra umani e umanoidi, considerando anche il livello emotivo o affettivo?
Nel lontano 1909, in una pagina del suo libro The Meaning of Truth, il filosofo William James si era soffermato a ragionare sull’ipotesi di una automatic sweetheart (“amata automatica”) che definiva come “un corpo senz’anima, ma assolutamente indistinguibile nei comportamenti da quello di una donna spiritualmente animata”, liquidandola pero’ velocemente come un oggetto che nessuno avrebbe preso seriamente.
Ben diverso fu l’atteggiamento, mezzo secolo dopo, di Joseph Weizenbaum, inventore del primo software di “assistente virtuale” (Eliza) e primo testimone degli effetti emotivo-relazionali sulle persone di quella primitiva creazione. Weizenbaum rimase talmente scosso da come Eliza veniva “vissuta” dagli utenti che decise di abbandonarne lo sviluppo.
La possibilita’ di forte intimita’ fra umani e robot antropomorfi venne esplicitata in un capitolo del libro “Artificial Intelligence: Human Effects”, pubblicato da alcuni accademici inglesi nel 1984. Il capitolo conclusivo dell’opera preconizzava sotto forma di racconto una societa’ futura che, grazie ad androidi e ginoidi, avrebbe eliminato “il mestiere piu’ antico del mondo” e le inaccettabili forme di sfruttamento di esseri umani ad esso collegate, sostituendolo con prodotti dell’industria robotica da acquistare ai grandi magazzini, destinati ad espandere l’area di intervento degli elettrodomestici sul confort umano. Il racconto prendeva poi una piega sinistra e queste macchine antropomorfe finivano per esercitare un’influenza sulla vita dei loro possessori che andava ben oltre a quella che possiamo subire da una lavatrice.
L’idea e’ stata ripresa in chiave umoristica nel 2001 nella serie di animazione Futurama di Matt Groening (stagione 3, episodio “I dated a robot”) dove si immagina che il continuo perfezionamento di androidi e ginoidi personali (disponibili anche con le sembianze dell’attore/attrice preferita) porti ad una tale perdita di interesse reciproco fra umani da rischiare la distruzione della civilta’ e rendere necessaria la realizzazione di “pubblicita’ progresso” per invogliare a riscoprire le relazioni con la propria specie.
Nel 2008 non abbiamo (ancora) umanoidi personali, ma l’attaccamento a vari prodotti tecnologici e’ a volte cosi’ intenso e assorbe cosi’ tanto tempo, che quella “pubblicita’ progresso” potrebbe gia’ rivelarsi utile.