Puo’ un videogioco alterare la nostra percezione della
realta’ anche dopo che l’abbiamo spento? Ne avevo discusso tempo fa, ma la
novita’ che mi da’ lo spunto per parlarne da un altro punto di vista, e’ la
testimonianza di Joel Johnson, editor di Boing Boing Gadgets, che qualche
giorno fa ha reso partecipi i suoi lettori di che cosa gli sta succedendo da
quando gioca a Grand Theft Auto IV (videogioco molto realistico il cui
protagonista e’ un ladro d’auto che vive in una citta’ immaginaria molto simile a New
York, v. schermata qui sopra e schermate di confronto fra le due citta’).
Il nostro Johnson (persona reale) vive a New York (quella
reale), ma dopo alcune settimane di immersione periodica nella citta’ di Grand
Theft Auto IV, quando esce fisicamente di casa nella sua New York gli capitano
esperienze o prova sensazioni diverse dal solito, ad esempio:
- “Mentre cammino attorno ad un angolo, noto un poliziotto sulle scale che portano al treno F e penso per un momento ‘Non e’ nel campo visivo di nessuno, potrei cavarmela senza problemi’
- “Guardando le persone che aspettano la metropolitana alla fermata di Brooklyn, molte
vestite in modo elaborato alla moda, penso a quanto piu’ autenticamente si vestano le persone nelle strade di Broker (NdR: l’equivalente virtuale di Brooklyn in GTA IV)” - “passando davanti ai manifesti giganti che promuovono il videogame nella realta’, la faccia del personaggio Niko Bellic mi spaventava prima che giocassi al gioco, ora mi sembra stanca del mondo"
- “E’ il primo gioco che abbia mai giocato che puo’ essere raccomandato come un metodo per capire l’atmosfera di New York. Alle persone che avevano visto al cinema film ambientati a New York e mi chiedevano se la citta’ e’ come nel film, rispondevo ‘non esattamente’. Ora dico loro di giocare a GTA IV. E’ meglio di una mappa per esprimere la citta’… GTA IV e’ un distillato di una citta’ che amo, che mi fa capire meglio la mia citta’”
Con questa sua esperienza, Johnson sta scoprendo un concetto
tutt’altro che nuovo (ha avuto origine verso la meta’ del XX secolo) e che,
nonostante a prima vista possa suonare
astratto, e’ determinante per i nostri comportamenti. Si tratta del concetto di mappa mentale (anche chiamata mappa
cognitiva), cioe’ la rappresentazione personale e soggettiva che ognuno di noi
si costruisce del mondo circostante. Il termine e’ stato a suo tempo coniato in
ambito psicologico, ma nei decenni successivi e’ diventato comune a diversi
campi dove e’ importante capire come le persone percepiscono e agiscono nello
spazio circostante, sia esso fisico (come nell’architettura o nella geografia
urbana) o meno (come nella realta’ virtuale e nei mondi virtuali 3D che
studiamo in Interazione Uomo-Macchina).
I media, interponendosi all’esperienza diretta dei luoghi,
vanno ad influenzare la creazione delle mappe mentali di quei luoghi (un
esempio curioso e’ citato da Wikipedia alla voce mental mapping e riguarda la
percezione nelle persone delle dimensioni geografiche di nazioni straniere,
influenzata dal numero di notizie e dal tempo dedicato ad ogni nazione dai
mezzi di comunicazione: piu’ e’ elevato, piu’ la nazione straniera puo’ essere
percepita come geograficamente grande).
I videogiochi sono un media piu’ giovane di altri, ma, in quanto piu’ coinvolgenti, interattivi ed adattabili al singolo utente, hanno potenzialita’ piu’ ampie di aiutarci a costruire (nel bene o nel male, a seconda di come vengono progettati) particolari rappresentazioni mentali del mondo fisico. Come mostra anche l’esempio di Johnson, un videogioco non fa solo divertire. Puo’ cambiare le nostre mappe mentali, arricchendole o impoverendole. In sintesi, cio’ che percepiamo dipende anche dai giochi a cui giochiamo.