I test di personalità sono un tema classico della ricerca e della pratica psicologica, ma suscitano un’attrazione irresistibile anche nei non addetti ai lavori, come testimoniato dalle migliaia di “quiz” (tipicamente privi di qualsiasi valore scientifico e quindi inutili e confondenti) che imperversano nei social network, promettendo di dirci “come siamo” o “chi siamo” (e ai quali a volte rispondiamo solo perché un amico ci ha invitato a farlo).
Negli ultimi anni, i test di personalità (quelli veri) stanno diventando uno strumento utilizzato anche nell’Interazione Uomo-Macchina. In particolare, alcune valutazioni su utenti di prodotti digitali, fra i vari dati raccolti, sottopongono l’utente anche ad un test di personalità. Perché si fa e come mai il trend è recente?
Fino alla fine degli anni ’90, le valutazioni sugli utenti riguardavano compiti essenzialmente tecnici (ad esempio, “scrivi questo testo con un word processor”, “trova la pagina con le offerte speciali su questo sito”, “inserisci una fattura nel software di contabilità”, “memorizza il numero di Mario nel telefonino”,…) ed i dati che venivano misurati erano soprattutto indicatori di performance per descrivere efficienza e precisione nello svolgimento del compito (ad esempio, tempo impiegato, numero di errori, numero di tasti premuti o di “click”,…).
Ma nel XXI secolo, l’orizzonte degli studi su utenti si è notevolmente allargato, anche perché l’uso dei computer da parte delle persone va ora ben oltre i classici obbiettivi di produttività ed anzi per alcuni il computer non è uno strumento di produttività. Inoltre, è comparso sulla scena il design di emozioni e si considera ora l’usabilità solo come un frammento di qualcosa di molto più ampio che è la user experience. Negli ultimi anni, si fanno studi su applicazioni che spaziano da Facebook ai videogiochi, dove si vogliono approfondire le emozioni degli utenti, capire se si divertono, se si appassionano, che comportamenti adottano nei confronti di altri utenti quando comunicano in modo mediato e tante altre cose molto più complesse del numero di tasti premuti o del tempo impiegato.
E così entra in gioco il possibile influsso della personalità dell’utente: fin quando si tratta di “inserire una fattura nel software di contabilità”, la principale caratteristica che influenza il comportamento dell’utente è la sua esperienza precedente di uso di computer (più l’utente ne è pratico, più è veloce), ma se si tratta ad esempio di “cercare nuovi amici su Facebook” o di “provare paura giocando con gli zombie di Left 4 Dead”, il tipo di personalità dell’utente (ad esempio, il grado di estroversione o quello di stabilità emotiva) andrà ad influenzare i risultati. E quindi dobbiamo sapere che personalità hanno gli utenti che abbiamo coinvolto nella valutazione.
Dei vari test di personalità utilizzati in psicologia, sta godendo di particolare favore in Interazione Uomo-Macchina quello basato sul “modello dei 5 fattori” (Five-Factor Model o “Big Five”), che descrive la personalità mediante 5 scale bipolari. Rispondendo al test, saltan fuori 5 numeri (ognuno tra 0 e 100), che descrivono la nostra personalità collocandoci in un punto preciso su ognuna delle 5 scale. E forse questo è il motivo per cui piace agli informatici: 5 numeri facilmente memorizzabili in un computer e correlabili ad altri dati sull’utente registrati durante la valutazione.
Se volete sapere “chi siete” secondo il Big Five, in rete sono disponibili alcune versioni del test, come questa che produce un disegno della vostra posizione sulle 5 scale. Nel seguito, illustro brevemente tali scale e la loro interpretazione (se già conoscete bene il “Big Five”, potete anche terminare la lettura qui).
Alcuni dei termini alla base dei 5 fattori hanno una lunga storia: ad esempio, Jung già utilizzava descrittori bipolari come estroverso/introverso nei suoi lavori sulla personalità, ma bisogna aspettare gli anni '60 per veder nascere la formalizzazione della Teoria del Big Five e delle scale numeriche associate. Ecco ora i 5 fattori (per una descrizione più approfondita, sono disponibili anche risorse on-line quali questo documento oppure quest’altro documento):
Neuroticism (instabilità emotiva). Detto anche emotività negativa (Negative emotionality) o bisogno di stabilità (Need for stability), riguarda il livello di ansia e di volubilità che caratterizza una persona. Può essere considerato come una misura del numero e della forza degli stimoli necessari a suscitare emozioni negative nella persona (più è alto il valore di questo fattore, minore è il numero degli stimoli necessari). Riguarda l’attitudine più o meno spiccata a preoccuparsi, arrabbiarsi e scoraggiarsi, nonché l’impulsività e la vulnerabilità. Valori bassi su questa scala indicano una persona elastica (resilient): emotivamente stabile, ha la capacità di rimanere calma anche in situazioni difficili in quanto le affronta in modo razionale e tende a presentarsi come una persona composta. Valori alti indicano invece un carattere reattivo (reactive): la persona si altera, si imbarazza e si innervosisce facilmente, sperimenta di frequente emozioni negative e di sfiducia che la portano a essere tendenzialmente insoddisfatta. Tra i due estremi, vi è chi reagisce alle situazioni (responsive), alternando atteggiamenti pacati e nervosi a seconda del contesto.
Extraversion (estroversione). Riguarda l’interesse verso gli altri, verso la vita sociale e la facilità nelle relazioni interpersonali. Valori alti su questa scala indicano una persona estroversa (extravert), che cerca la compagnia altrui, tende ad avere un atteggiamento allegro e ottimista e si propone come leader del gruppo. Valori bassi indicano un carattere introverso (introvert), più timido, riservato, per niente desideroso di mettersi in mostra. Valori intermedi sono associati a chi si dimostra capace di partecipare attivamente alla vita sociale, ma anche di sentirsi a proprio agio nella solitudine ed è definito come ambiverso (ambivert). Dei 5 fattori, quello di estroversione è il maggiormente visibile nel corpo: una persona estroversa tende a fare movimenti più ampi e vigorosi, a parlare con un tono di voce più alto e a prendere l’iniziativa nei rapporti interpersonali (ad esempio, salutando per primo o iniziando una conversazione).
Openness (apertura all'esperienza). Riguarda la varietà di temi che attraggono una persona e la profondità con cui questi interessi sono coltivati. Questi due aspetti appaiono inversamente proporzionali: più è alto il numero di interessi più è difficile esplorarli tutti in profondità, mentre chi possiede pochi interessi può coltivarli con maggiore cura. Valori alti su questa scala indicano una persona esploratrice (explorer) che si dimostra curiosa, fantasiosa, originale, attratta da tutto ciò che è nuovo, mentre valori bassi indicano un conservatore (preserver) che preferisce ciò che conosce già e non ama perdersi in fantasie. L’apertura mentale si manifesta nella curiosità e quindi nella maggiore o minore attenzione rivolta sia verso l’ambiente circostante sia verso le emozioni provate.
Agreebleness (gradevolezza o anche socievolezza). Riguarda il grado di adattamento che una persona mostra nei confro
nti degli altri. Va a considerare da dove la persona attinge le regole di corretto comportamento, dagli altri oppure da se stessa. Valori bassi su questa scala indicano un carattere detto challenger, concentrato su se stesso, sulle proprie opinioni e bisogni: la persona intraprende faticosi rapporti con gli altri, con i quali si dimostra cinica, egocentrica, competitiva e testarda e manifesta atteggiamenti di superiorità. Valori alti individuano invece una persona adattabile (adapter) che tende a uniformarsi alle idee e alle norme del gruppo, da cui dipende e verso cui prova una certa fiducia e si dimostra altruista e disponibile. Valori intermedi indicano un negoziatore (negotiator), capace di imporre la sua opinione o di accettare quella degli altri a seconda della situazione.
Conscientiousness (coscienziosità). Riguarda il numero di scopi che una persona si prefigge e la perseveranza con cui li persegue. Alcuni degli aspetti legati alla coscienziosità sono, ad esempio, l’autodisciplina, la metodicità e la razionalità nelle decisioni. Valori alti su questa scala indicano una persona mirata (focused), che si dedica ad un limitato numero di obiettivi perseguendoli in modo organizzato ed efficiente. Valori bassi indicano una persona flessibile (flexible), che si pone molti obiettivi ma non si dedica seriamente a nessuno, che si distrae facilmente, è perennemente in ritardo sulla tabella di marcia (se ne ha una), risulta spesso impreparata e preferisce dedicarsi al relax o agli svaghi.