I subdoli effetti del punto esclamativo

Punto esclamativo "Guarda bene questo simbolo". "Si, e allora? Che cosa dovrebbe mai succedermi a guardare un banale punto esclamativo? Niente!". O forse no?

Il Sole 24 Ore di oggi (inserto Nòva n. 170) pubblica un'inchiesta di due pagine (p. 4 e 5) che ho scritto sul tema del priming, ovverosia come una breve esposizione a dei contenuti (parole o colori, fotografie o video, ma anche altri stimoli sensoriali) influenza il successivo comportamento delle persone. Ai diversi studi che ho illustrato in quelle pagine, aggiungo qui, come bonus crossmediale, un esperimento recente che a prima vista potrebbe sembrare bizzarro, ma bizzarro non è, anzi ha delle possibili implicazioni pratiche su come comunichiamo.

Il ricercatore olandese Kees van den Bos ed i suoi colleghi (gli stessi degli oggetti lampeggianti di cui ho parlato tempo fa)  hanno esposto 62 persone ad un punto esclamativo, visualizzato sullo schermo del PC. Un semplice punto esclamativo, alto 3 cm e largo mezzo cm, osservato sullo schermo per 1 minuto di tempo. Un altro gruppo di 62 persone osservava invece la stessa schermata, ma priva del punto esclamativo. Fatto ciò, i ricercatori raccontavano una storia alle persone, dove si chiedeva loro di immaginare di esser andati ad un concorso per un posto di lavoro. La storia proseguiva con tutti i dettagli delle prove a cui l’ipotetica azienda li aveva sottoposti e per alcuni si concludeva con un esito positivo, mentre per altri terminava con un esito negativo. A questo punto, si chiedeva alle persone di esprimere dei giudizi su quanto corretto fosse stato il comportamento dell’azienda. E qui arriva la sorpresa. Le persone che erano state esposte al punto esclamativo tendevano ad esprimere giudizi più estremi (nel bene o nel male) di quelle non esposte.

Per essere più sicuri, i ricercatori hanno anche ripetuto l’esperimento provando ad esporre un terzo gruppo di persone ad un punto esclamativo, mentre un quarto gruppo di persone veniva esposto ad un simbolo grafico non familiare, ottenuto semplicemente ruotando di 90 gradi il segmento del punto esclamativo. E anche la storia è stata cambiata (ambientata in una casa dello studente invece che in una selezione aziendale). Ma i risultati non sono cambiati. Le persone che erano state esposte al punto esclamativo tendevano ad esprimere giudizi più estremi (nel bene o nel male) di quelle esposte al simbolo grafico non familiare.

 I ricercatori ipotizzano che questa influenza del punto esclamativo sul comportamento sia dovuta al fatto che quel simbolo attivi parti del nostro cervello definite come “sistema d’allarme umano” (human alarm system), che utilizziamo per metterci in uno stato di maggior allerta dove rispondere velocemente agli eventi, focalizzando l’attenzione sull’identificazione di potenziali minacce ed esprimendo a tal fine giudizi positivi/negativi in modi più estremi.

Morale: la prossima volta che scrivete un’e-mail, meglio prestare attenzione a quanto e a dove usate i punti esclamativi.

© 2009 Luca Chittaro, Nova100 – Il Sole 24 Ore.