Nella mia attività di ricerca, mi concentro di solito sull’uso dei social media per costruire relazioni interpersonali positive. Tuttavia, in un contesto dove le persone usano sempre più strumenti digitali per iniziare nuove relazioni diventa inevitabile che esse usino i medesimi strumenti anche per terminare relazioni. In tal senso, una strategia particolarmente radicale è quella del ghosting: una delle due persone (il ghoster), in una relazione affettiva di amicizia o sentimentale, diventa improvvisamente un “fantasma”. Il ghoster interrompe cioè inaspettatamente e senza dare spiegazioni ogni tipo di comunicazione digitale con l’altra persona (il ghostee) e smette di rispondere ad ogni messaggio.
Si potrebbe obiettare che la terminazione di una relazione tramite improvviso evitamento non sia nulla di nuovo e che ciò accadeva ed accade anche nel mondo fisico, ma il ghosting apre in realtà possibilità di evitamento totalmente nuove. Infatti, nel mondo fisico la persona evitata può recarsi nei luoghi abitualmente frequentati dalla persona evitante per trovarla lì e chiederle un chiarimento. Nel mondo digitale, l’informatica rende sempre tutto più efficiente e se il ghoster si accorge che il ghostee sta cercando di creare un’occasione di incontro digitale (ad es. tramite messaggi privati, commenti in bacheca, discussione in gruppi,…), può bloccarla per sempre con un click, dotandosi tramite il software del potere dell’invisibilità che è impossibile avere nel mondo fisico.
Purtroppo, il ghosting può diventare un’esperienza traumatica per chi lo subisce. Nella dissoluzione di una relazione, ci sono due aspetti importanti nel comportamento di chi termina: l’orientamento verso l’altro, cioè quanto egli/ella si preoccupa di proteggere il partner e non minarne l’auto-stima nel percorso che li separerà, e la trasparenza, cioè quanto comunica esplicitamente quello che gli/le sta accadendo e che lo/la porta alla decisione di terminare la relazione. Il ghoster se ne infischia di entrambi gli aspetti e la sua strategia è opposta: totalmente opaca ed orientata solo verso i propri interessi.
L’effetto è che, dopo lo sbigottimento iniziale per la sparizione, molti ghostee intraprendono una dolorosa ricerca, interrogandosi sul “perché?” dell’inspiegabile perdita, ma così facendo rischiano di rimanere congelati in un lutto che non può ricevere risposte. A quel punto, la rimuginazione sul passato alla ricerca di cause porta paradossalmente alcune persone a convincersi di essere loro, e non il ghoster, i veri responsabili della tragica fine, che sarebbe quindi dovuta a loro presunte colpe o inadeguatezze.
La ricerca sul ghosting nella letteratura scientifica è solo agli inizi ed i primi, pochissimi studi sono usciti da poco. La ricerca più recente, non a caso apparsa sul Journal of Loss and Trauma, ha coinvolto 358 partecipanti e si è focalizzata sul comprendere quali siano le spiegazioni più frequenti di cui le vittime del ghosting si convincono per cercare di razionalizzare la perdita. I ricercatori sono riusciti a classificarle in sette categorie che possiamo riassumere informalmente così: 1) “mi ha sostituito con un’altra persona”, 2) “non riusciva a sostenere una relazione con me”, 3) “aveva perso interesse in me, la annoiavo”, 4) “alcune mie caratteristiche sono sbagliate”, 5) “eravamo incompatibili”, 6) “non c’è sintonia nella sessualità”, seguite da “Varie” (una miriade di spiegazioni più particolari generate nelle narrative individuali). C’è poi un’ultima categoria molto frequente (la ricerca l’ha chiamata puzzled) nella quale le persone continuano a non trovare una spiegazione che le convinca e rimangono confuse e disorientate.
A prescindere da qual’è la categoria in cui viene a collocarsi il ghostee, un aspetto cruciale dell’esperienza sono le strategie che egli/ella adotta per elaborare la perdita e passare oltre. In tal senso, gli autori mettono in guardia dal prendere il ghosting alla leggera, pensando che sia un fenomeno a cui abituarsi in quanto frequente in rete. Oltre a ricordare gli effetti pericolosi per la salute mentale che ho sopra riassunto, evidenziano il rischio che, proprio perché il ghosting è frequente, il passare attraverso ripetute esperienze di ghosting inflitte da diversi ghoster può avere l’effetto di far interiorizzare ai ghostee una visione del mondo nella quale si convincono ci sia qualcosa di fondamentalmente sbagliato in loro a causare questi “abbandoni digitali”. Una ragione in più per sviluppare consapevolezza dei comportamenti nostri e di quelli altrui nella vita digitale e degli effetti che essi hanno sulla nostra psiche.