L’avvento e la veloce evoluzione delle tecnologie digitali ha portato a un continuo incremento di funzionalità – ma anche di complessità d’uso – degli oggetti della vita quotidiana (telefoni, elettrodomestici, mezzi di trasporto, computer e qualsiasi altra macchina che contiene microprocessori). Questo fenomeno ha reso cruciali, nella progettazione di prodotti o servizi, le varie discipline che si interessano dell’interazione fra persone e tecnologia. Da tempo, le tematiche dell’usabilità e dell’interazione fra uomo e macchina sono riconosciute importanti e studiate anche in Italia (v. ad esempio il post sull’evento CHITALY 2007). I libri ed articoli sull’argomento scritti o tradotti in lingua italiana finora sono stati realizzati soprattutto da figure accademiche e professionali di formazione informatica oppure psicologica.
In tempi più recenti, nel mondo di chi si interessa dell’interazione fra uomo e macchina, si inizia pero’ a sentire sempre di più anche un’altra voce: quella dei designer. Si diffonde l’uso del termine Interaction Design ed importanti associazioni professionali di designer, come la statunitense AIGA, parlano ormai esplicitamente dell’interaction designer come profilo professionale indipendente e specifico. Ho avuto occasione di approfondire a lungo il punto di vista dei designer sull’interazione fra uomo e macchina, curando in questi ultimi mesi l’edizione italiana del testo Designing for Interaction del designer Dan Saffer, pubblicato proprio da AIGA negli Stati Uniti e da Pearson Education Italia nel nostro paese.
Va detto subito che i principali metodi di progetto usati nell’interazione uomo-macchina valgono anche per l’interaction designer (e parte del libro e’ quindi dedicata a riassumerli). Una differenza significativa che si nota e’ invece nella maggior sensibilita’ di Saffer verso aspetti che capita spesso siano trascurati nella realizzazione di un’interfaccia, come quelli ludici o legati al piacere e all’estetica. Per costruire un’interazione ideale fra uomo e macchina, c’e’ sicuramente bisogno di entrambe le anime, sia quella piu’ formale di chi viene dall’informatica o dalla psicologia ed utilizza metodi scientifici e statistici per valutare l’usabilita’ di un prodotto, sia quella di designer come Saffer che invitano a lasciar libera anche la componente istintuale del progettista dell’interfaccia, quella componente che ama creare, improvvisare, intuire, mettere assieme soluzioni parziali, toccare e annusare i prodotti.