Immaginatevi di stare dialogando con una persona che conoscete. All’improvviso, a seguito di una vostra domanda, rimane imbambolata e non ha piu’ alcuna reazione: non parla, non emette alcun suono, lo sguardo e’ fisso e sfuocato, la postura e’ rigida come quella di un manichino. Inizialmente proverete una strana sensazione (forse imbarazzo), magari proverete a ripetere la domanda pensando che la persona si sia temporaneamente distratta, dopo un paio di secondi potreste schiarirvi la voce per vedere se succede qualcosa, dopo un altro paio di secondi iniziate a chiedere esplicitamente "Tutto bene?", poi alzate la voce, poi provate a scuoterla fisicamente e via via in un crescendo che – se la situazione non cambia – vi portera’ a concludere che sta accadendo qualcosa di grave.
Quando interagiamo con una macchina, le cose non sono molto diverse. Si crea un dialogo fatto di nostri comandi che inviamo alla macchina (mediante bottoni, tastiere, mouse, etc.) e di risposte che la macchina ci restituisce (facendo dei bip, disegnando cose sullo schermo, etc.). E inconsciamente ci portiamo dietro le aspettative che abbiamo derivato dal dialogo con le persone. Se dopo un nostro comando, una macchina non ha alcuna reazione, inizialmente pensiamo che non ci abbia "sentito" e proviamo a ridare il comando, dopo un po’ lo proviamo a ridare ancora una, due o tre volte, poi andiamo a schiacciare anche altri bottoni per vedere se la situazione cambia in un crescendo sempre piu’ frenetico di tentativi per avere una qualche risposta.
In Interazione Uomo-Macchina, questa agognata risposta la chiamiamo feedback. Una macchina che dialoga bene e’ quella che ci fornisce continuamente feedback (visivo, auditivo e in alcuni casi anche tattile): questi segnali ci danno conferma che la macchina ha ricevuto i nostri comandi, ci dicono qual’e’ stato l’esito delle operazioni che abbiamo ordinato di fare, ci dicono quando e’ di nuovo il nostro turno nel dialogo che procede. Esattamente come la persona ibernata dell’esempio iniziale crea una situazione di crisi in una comunicazione interpersonale, cosi’ una macchina che non da’ feedback provoca una crisi nella comunicazione uomo-macchina.
OK, quindi una macchina deve sempre fornire feedback all’utente, ma che
feedback puo’ dare quando elaborare una risposta al comando richiede un
tempo lungo (ad esempio, alcuni minuti)? Possiamo tornare
alla comunicazione con una persona come fonte di ispirazione: se le
abbiamo fatto una domanda un po’ difficile, la nostra interlocutrice
umana sfuoca lo sguardo e si mette a pensare, ma non interrompe mai il
feedback: produce dei suoni ("Mmmmhhhhh…."), ci tiene informati su
cio’ che accade ("Aspetta un momento…", "Quasi ci sono…", etc.), fa
dei gesti. Cosi’ la macchina che ha bisogno di tempo per fornire una
risposta, deve darci comunque feedback su cio’ che sta facendo. Ad esempio, le
barre di progresso, come quella raffigurata qui sopra, ci
informano sia sul fatto che la macchina procede, sia su quanto manca
perche’ concluda il compito assegnatole.
Ed e’ triste trovarsi ancora oggi di fronte a progettisti che non conoscono l’importanza del feedback e progettano ibernati invece che macchine dialoganti.