La timidezza su Internet

La timidezza è un argomento in secondo piano nella ricerca in psicologia, se la confrontiamo con temi cardine come le fobie sociali. Però anche la timidezza può avere effetti fortemente limitanti: possono rendere la nostra rete di amicizie e di supporto molto povera o assente, farci lasciare inutilizzate le opportunità offerte da incontri di lavoro, causare un malessere che – anche se dissimulato esteriormente – è interiormente intenso quando ci si  trova in un gruppo di persone,…

E non sono poche le persone tormentate dalla timidezza durante la propria vita. Nelle statistiche su ampi campioni di popolazione (particolarmente nota in letteratura la Stanford Shyness Survey), la percentuale di persone che dichiara di soffrire o di aver sofferto in passato di timidezza è pari a circa l’80%. Quindi la maggioranza. 

Ma l’avvento di Internet e della comunicazione mediata dal calcolatore (e-mail, chat, IM, social network,…) ci ha messo a disposizione nuovi strumenti per mitigare gli effetti della timidezza. E’ uno dei vari temi che ho toccato recentemente a Livorno dove ero stato invitato a parlare di "comunicazione nell'era digitale" per l’iniziativa “Incontra gli scienziati” di ENEL. Per poter sfruttare positivamente gli strumenti della rete in chiave “anti-timidezza”, bisogna usarne con consapevolezza i punti di forza e prestare invece cautela rispetto ad alcune loro debolezze, come riassumo sinteticamente nel seguito.

Uso anti-timidezza della rete. La comunicazione mediata dal computer (CMC), soprattutto se di tipo testuale, consente un forte controllo su ciò che lasciamo vedere di noi agli altri rispetto alla comunicazione faccia a faccia (F2F). E la timidezza è tipicamente caratterizzata da una preoccupazione esagerata verso il controllo di ogni aspetto che trasmettiamo agli altri e che potrebbe fare una cattiva impressione. Provate a pensare: se non ci interessasse minimamente l’impressione che facciamo agli altri, difficilmente saremmo timidi. Oppure: se avessimo la certezza matematica di fare l’impressione che desideriamo, non saremmo timidi. Ma riuscire a controllare efficacemente tutti gli aspetti che formano un’impressione nella comunicazione F2F (gli aspetti estetici, i gesti, le espressioni facciali, le posture del corpo, la qualità della voce, i concetti espressi, le parole scelte per esprimerli, la velocità della comunicazione,…)  è molto difficile. La CMC testuale rende invisibili quasi tutti questi aspetti ed inoltre rallenta i ritmi, consentendo di concentrarci soltanto su concetti e parole e dandoci più tempo per pensare, aumentando così le chance di comunicare con tranquillità ed efficacia (in una condizione semplificata e protetta) anche per i più timidi.
Le funzioni degli strumenti CMC che arricchiscono la comunicazione testuale con altri canali complicano il compito. Immaginate che una persona con cui state comunicando in chat vi chieda di passare alla webcam: la situazione – nonostante continui a mantenere una certa distanza rispetto alla comunicazione F2F – diventa più difficile da controllare, ad esempio iniziamo a preoccuparci dei vestiti, del trucco o delle occhiaie, del fatto che l’altro possa vederci arrossire o di star facendo una faccia ebete.
L’uso efficace della CMC in chiave anti-timidezza si basa quindi su di  un avvicinamento “da molto lontano” all’altra persona. Nei primi passi, le persone possono anche comunicare in condizioni di anonimato, celando la propria identità dietro a dei nickname. Nei passi successivi, si possono aggiungere in modo graduale un numero crescente di informazioni e poi anche altri canali (prima audio, poi video), fino ad arrivare con più sicurezza alla comunicazione F2F nel mondo fisico.

Alcune precauzioni. Innanzitutto, la CMC, come qualsiasi attività, richiede tempo. Bisogna ogni tanto chiedersi quanto tempo stiamo dedicando alla CMC e quanto alla F2F. Trovandoci bene nell’ambiente protetto della CMC, si può tendere ad aumentare sempre più il tempo che passiamo in quel mondo, riducendo così il tempo che rimane per dedicarsi alla comunicazione F2F e rendendo quest’ultima ancora meno naturale e più difficoltosa.
Poi, bisogna fare attenzione a non avere l’aspettativa che tutte le regole del mondo fisico valgano inalterate anche nel mondo della CMC. Ad esempio, se una persona si prende un impegno mentre comunica con noi in instant messaging tenderà a sentirsi meno vincolata ad esso di quando prende il medesimo impegno in una comunicazione F2F. Quello della CMC è un mondo molto meno dettagliato di quello fisico, più astratto: è quindi comprensibile che molti lo vivano come “meno reale” e si comportino di conseguenza.  E’ inoltre utile essere consapevoli di tutte le differenze fra F2F e CMC per poter comunicare senza delusioni mediante quest’ultima (v. video su questo tema specifico).
Infine, va prestata attenzione al fatto che un mondo che ci lascia vedere pochi dettagli lascia alla nostra fantasia più libertà per riempire le parti che non vediamo o non conosciamo. E questo può andare nella direzione di allontanarci dalla realtà, invece che affrontarla meglio, come ho illustrato in un recente post.

© 2009 Luca Chittaro, Nova100 – Il Sole 24 Ore.

  • Diego Franzini |

    Mi riconosco in pieno nella categoria delle persone timide che si trovano a proprio agio con la ComunicazioneMC. E condivido in pieno tutte le oservazioni! Me ne ero accroto anche io, ma non ero riuscito a formalizzarle in modo così chiaro, grazie.

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