Come usare Facebook per rovinarsi l’immagine (e non saperlo)

Facebook immagine Una delle principali preoccupazioni dei progettisti di social network è quella di rendere il più facile possibile agli utenti lo sharing (commentare qualsiasi cosa con un click, pubblicare foto e video, raccontare cosa si sta facendo, intervenire in discussioni, etc.).  Anzi, di più, l’obbiettivo è quello di indurre gli utenti a fare più sharing possibile, come gli stessi ricercatori di Facebook ammettono.

Una fetta consistente di utenti Facebook è più che contenta di cedere a tale pressione e trasferire on-line gran parte dei propri pensieri, emozioni, battute e battibecchi, attimi di vita fotografati o videoripresi. In fondo, abbiamo sempre condiviso queste cose con i nostri amici e Facebook è solo uno strumento più pratico ed efficiente per farlo, giusto? No, sbagliato. Ci sono diverse ragioni per cui la comunicazione mediata dal computer (CMC) via Facebook è diversa (nella sostanza e negli effetti che causa) rispetto a quella nelle relazioni faccia a faccia (F2F), di cui abbiamo più esperienza.

Per comprendere più a fondo tali differenze, provate per prima cosa a pensare a come siete abituati a comportarvi nelle relazioni F2F. E in particolare, provate ad immaginare di star comunicando faccia a faccia con (i)  un vostro genitore, (ii) il vostro partner, (iii) un vostro collega di lavoro, (iv) un vostro superiore, (v) un vostro amico che ha le vostre stesse convinzioni religiose, (vi)  un vostro amico che ha convinzioni religiose opposte alle vostre, (vii) un vostro amico di genere maschile, (viii) un vostro amico di genere femminile, (ix) un vostro amico con forti opinioni ascrivibili alla destra politica, (x) un vostro amico con forti opinioni ascrivibili alla sinistra politica. Potrei continuare, ma 10 categorie sono sufficienti come esempio. Ebbene, la vostra relazione con le 10 categorie obbedisce alle stesse norme? Parlate degli stessi temi con tutte e 10 le categorie? Fate le stesse battute? Raccontate le stesse vostre esperienze di vita? Esprimete le stesse posizioni? Vi esprimete sempre con lo stesso linguaggio (parole e toni)?

Se siete una persona socialmente nella norma, avete risposto no alla maggior parte di queste domande. Nella comunicazione F2F, la maggior parte delle persone è infatti molto attenta al contesto sociale al fine di scegliere di che temi parlare, cosa rivelare di sé, che posizioni esprimere e come esprimerle. Quindi è normale, ad esempio, che la frase X che ci lasciamo scappare mentre ridiamo al bar con l’amico Y, non ci sogneremmo mai e poi mai di pronunciarla di fronte ad un genitore, partner, collega, superiore, ma nemmeno di fronte ad un diverso tipo di amico Z.

Il meccanismo di condivisione dei social network ha almeno tre caratteristiche importanti che possono danneggiare chi non le tiene ben presenti:

Comunicazione verso categorie multiple. Sappiamo che quello che facciamo/diciamo in un’interazione su Facebook lo vedono molte più persone di quanto avvenga nella F2F. Ma l'aspetto insidioso è che queste persone appartengono a diverse categorie (delle 10 che ho citato sopra e di quelle che non ho citato), rispetto alle quali nella F2F siamo soliti relazionarci in isolamento ed in modi diversi, anche opposti. Alcune di queste persone addirittura non sappiamo nemmeno bene chi siano o a che categorie appartengano, perché – chi più chi meno – tendiamo ad accettare richieste di amicizia anche da parziali (o totali) sconosciuti.

Perdita del contesto. Se un amico X ci dice qualcosa sulla nostra pagina Facebook, la reazione istintiva, automatica, sarà quella di rispondergli come faremmo nella comunicazione F2F. E cedere a questo istinto, che sembra innocuo, può avere conseguenze spiacevoli sulla nostra immagine. Ad esempio, quella risposta scritta in un paio di secondi immaginando di stare parlando all’amico X e che quindi ha senso nel contesto della comunicazione fra noi ed X, potrà  lasciare allibite o perplesse persone appartenenti alle altre categorie sopracitate (che nei loro contesti sono abituate a vederci comportare in modo diverso) ed indurle a concludere di non conoscerci bene come credevano, rivedendo in negativo o comunque in “dubitativo” la nostra immagine (non è detto che poi ce lo vengano a dire, inizieranno ad essere dubbiose nei nostri confronti e basta).

Estensione temporale della condivisione. Quello che facciamo/diciamo su Facebook lo vengono a sapere molte più persone non solo fra gli attuali contatti, ma anche fra i contatti futuri, che potranno avere accesso a cose dette o immagini da noi condivise mesi/anni fa. Mentre quindi vorremmo che le nuove persone con cui siamo entrati in contatto ci giudicassero per quello che siamo, rischiamo che siano invece influenzate da aspetti di quello che eravamo e dei quali magari non ci ricordiamo nemmeno perché non li consideravamo rilevanti.

Morale della favola, quando si scrive e condivide qualcosa su un social network, l'interfaccia dovrebbe metterci a disposizione delle funzioni molto più potenti delle attuali per poter dare comandi quali: “questa cosa la metto sulla mia pagina, ma la possono vedere solo Maria, Andrea e Giovanni”, “questa cosa non la deve vedere chi è in relazioni di tipo professionale con me”, “questa cosa non la devono vedere quelli molto devoti religiosamente”, etc.etc.

Dato però che le possibilità attuali di circoscrivere la condivisione sono poco sofisticate, diventa necessario ricorrere ad un’auto-disciplina, riflettendo – prima di battere INVIO – sugli effetti che avrà ciò che stiamo per condividere su ognuna delle diverse categorie di persone con cui ci relazioniamo (per ristabilire un contatto con il mondo fisico, può essere utile immaginarsi di fronte ad una persona rappresentativa di ogni categoria e vedere con la mente la faccia che farebbe).

Personalmente, cerco di condividere pubblicamente solo le cose che sono certo di voler far leggere a tutti. Il resto va a finire in messaggi privati destinati a persone o gruppi di persone. Posso quindi aggiungere che questa strategia ha un effetto collaterale: la mia pagina Facebook è decisamente più spoglia rispetto a quello che si vede sul network.

© 2010 Luca
Chittaro, Nova100 – Il Sole 24 Ore
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  • Simone Moriconi |

    Personalmente riterrei utile la possibità, ad esempio, di segmentare i contatti ad ogni stretta di amicizia, con delle categorie che siamo noi ad impostare (amici, colleghi, università, conoscenti ecc). Ad ogni post Facebook dovrebbe chiederci: “quali gruppi possono vedere questo post?”. Ovvio che questo non è vantaggioso per FB in quanto comunque è una forma di limitazione dei flussi comunicativi.
    Detto ciò, la riflessione da fare è relativa al concetto di immagine individuale: stiamo andando verso un disfacimento delle “maschere” differenziate che abbiamo costruto nella nostra vita, per approdare a un pentolone unico scoperto a tutti indistintamente. Ma chi dice che questo sia uno svantaggio? Chi riesce a gestire con intelligenza il proprio profilo e in grado di coniugare il lato professionale con quello umano sarà sicuramente più apprezzato da tutte le comunità alle quali appartiene. Un manager o un docente universitario non può avere relazioni, hobby, famiglia, ironia, fare una serata, ecc? Chi rivisiterebbe in negativo la loro immagine? Sta poi nell’intelligenza di ognuno “auto-censurarsi” nei commenti o post che a priori possano ledere l’immagine…

  • Luca Chittaro |

    @Stefano: grazie per l’ampia riflessione sulla tua esperienza.
    Per quanto riguarda il dettaglio su mondo accademico e generi musicali, in effetti constato anch’io che in Italia molti considerano bizzarro che un docente universitario possa essere appassionato di musica che non sia classica o jazz.
    Mentre mi e’ capitato di vedere docenti in altre nazioni (USA e Olanda) che addirittura tengono chitarra elettrica ed amplificatore nel proprio studio all’universita’ (!). Non oso pensare cosa succederebbe se lo facesse qualcuno qui da noi… 🙂

  • Stefano |

    Sono osservazioni a cui ho pensato più volte nella mia esperienza con i social network. Il problema sta proprio nel fatto che alcune persone hanno una determinata idea di me e della mia personalità perchè mi conoscono in un ambito prettamente professionale/accademico, altre invece mi conoscono anche perchè trascorrono il loro tempo libero con me, quindi conoscono anche le mie passioni, manie (in senso buono 🙂 ), ecc. Questo non vuol dire necessariamente avere due facce (succede anche questo) ma semplicemente non tutti i miei contatti mi conoscono totalmente, se così si può dire.
    Da qui deriva il dilemma, a volte, se pubblicare un intervento, perchè no anche sopra le righe e poco “elegante” da mostrare ai colleghi di università, piuttosto che un video, una canzone, … Sinceramente, il più delle volte mi convinco a pubblicare, forse per non ricadere in una sorta di autocensura…e qui si potrebbe aprire un’altra discussione in merito…
    Mi è capitato anche che qualcuno mi abbia fatto notare che, conoscendomi, non avrebbe mai immaginato che io ascoltassi un determinato genere musicale, relativo ad un commento che avevo fatto la sera prima in Facebook.
    Quindi c’è poco da fare, rimango sempre dell’idea che i social network, ed in generale qualsiasi mezzo CMC, siano un’arma a doppio taglio.
    Però continuo ad usarli…

  • Luca Chittaro |

    Eh, si, vuole farci comunicare il piu’ possibile perche’ piu’ comunichiamo piu’ rimaniamo sulle sue pagine e piu’ facciamo rimanere i nostri contatti. E per un social network – come per una rete televisiva – e’ il numero di utenti e quanto tempo tempo dedicano allo strumento che conta.
    Poi, gli utenti piu’ evoluti si inventano le proprie strategie di gestione razionale dello strumento come fai tu. Per non venir rapiti dal marasma dell’ultra-sharing… 😉

  • marco lanza |

    Io uso vari raggruppamenti di persone, denominati ad esempio, “non vedono le mie foto” o “non vedono il mio status” o ancora “lavoro” e vi inserisco alcuni contatti a cui poi attribuisco determinati privilegi (quelli sulle foto, soprattutto quelle dove vengo taggato senza che mi venga chiesto, è fondamentale a mio parere).
    certo, con la nuova versione di facebook, ogni volta che faccio un’azione “social” esce nella timeline, col risultato che chi è curioso può indagare quasi liberamente il mio network di amicizie.
    la cosa preoccupante è che questo cambiamento non ha ricevuto tante proteste nella community come fece un precedente restyling che aveva impattato molto meno sull’esposizione dei gusti e delle relazioni di ognuno. anche perché è evidente che facebook VUOLE farci comunicare.

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