Come viene usato Facebook per facilitare gli incontri faccia-a-faccia

Facebook incontri
I progetti di ricerca su come le persone usano Facebook si sono finora concentrati soprattutto su cosa accade all’interno del social network, come ho raccontato spesso da queste pagine (vedi questo link per una selezione di articoli).  E’ più raro invece trovare ricerche su cosa accade al di fuori di Facebook, come effetto diretto dell’uso del social network.

 Un recente contributo in tale direzione, presentato a CHI 2010, l’ultima edizione della più importante conferenza internazionale sull’Interazione Uomo-Macchina, ci arriva da Louise Barkhuus e Juliana Tashiro della University of California, San Diego. Le due ricercatrici hanno a lungo intervistato un campione di studentesse e studenti universitari ed esaminato diari sul loro uso quotidiano di Facebook per capire se ed in che modi il social network favorisce gli incontri faccia-a-faccia nel mondo fisico.

 Dopo aver letto le 10 pagine dell’articolo, discuto nel seguito gli spunti che mi sembrano più interessanti.

 Facebook come strumento di comunicazione più “leggero” degli SMS. Le ricerche svolte negli anni ’90 sulla comunicazione mediata dal cellulare evidenziarono come gli SMS avevano creato una nuova opportunità di socializzazione attraverso una comunicazione emotivamente meno intensa, ad esempio chiedere ad una persona di uscire assieme via SMS permette di accettare con più facilità una non risposta, rispetto al fare la stessa richiesta faccia-a-faccia. Facebook consente una comunicazione ancor più “leggera”, ad esempio creando delle opportunità di incontro attraverso il proprio status message (come vedremo fra poco), senza quindi dover inviare una richiesta diretta come bisognerebbe fare con gli SMS.   

 Gli status message “Mi trovo a…” e gli incontri non invitati. Forse avete qualche vostro amico/a su Facebook che riporta spesso la propria posizione (“Sono nel tale treno”, “Sono alla macchina del caffè”,…) e vi sarete chiesti a cosa possa servire. Fra varie cose, può servire ad ottenere incontri con persone del proprio social network che si trovano da quelle parti. Ma, fate bene attenzione, lo studio sugli studenti statunitensi ha evidenziato che si sono già sviluppate delle regole sociali non scritte su come uno status message di quel tipo va trasformato in un incontro. Precipitarsi a cercare la persona nel luogo che ha indicato, presentandosi fisicamente di fronte a lei, è un comportamento da trogloditi digitali. Quello status message va usato invece come catalizzatore per un’ulteriore comunicazione on-line (rispondere allo status message, inviare un messaggio privato) che può poi tradursi nel concordare l’incontro faccia a faccia.

 Come usare lo status message per non andare a pranzo da soli. Mentre lo status message “Mi trovo a…” non formula inviti od obbiettivi specifici, si possono usare altre frasi che li esplicitano. Nel caso degli studenti statunitensi, è emerso spesso l’obbiettivo di trovare qualcuno con cui andare a pranzo o a bere un caffè in una pausa.  Gli status message possono spaziare dall’invito aperto che specifica date ed obbiettivi  (ad esempio, “Vuoi mangiare una pizza martedì? Chiamami!”) a delle frasi brevi e meno esplicite (ad esempio, “affamato”, “bisogno di caffeina”,…) che possono portare ugualmente a risposte da parte di qualche amico sul social network e tradursi poi nell’andare al bar o ristorante assieme.

Facebook come strumento anti-timidezza. Avevo già parlato in un mio precedente pezzo di come la comunicazione mediata dal computer possa essere uno strumento importante per i timidi. La ricerca sugli studenti statunitensi lo conferma nel contesto di Facebook. Fra gli intervistati, sono emerse situazioni del tipo “volevo andare ad una festa, ma avevo paura di andarci da sola, poi la pagina Facebook dell’evento mi ha segnalato che una mia amica ci andava, le ho mandato un messaggio e così siamo andate assieme”. E’ emerso anche il fatto che studenti poco estroversi vanno ad esaminare su Facebook a che eventi hanno dichiarato di partecipare i propri amici e decidono le proprie attività sociali in base a quelle indicazioni.

L’amicizia fluida. Da quando sono comparsi nella nostra vita i social network, ricorrono le discussioni sul come l’amicizia sui network sia spesso da interpretarsi come “amicizia tra virgolette” o “amicizia per modo di dire” (ne avevo parlato gia' nel 2007). Gli studenti statunitensi interpellati nello studio sembrano aver superato il bisogno di queste precisazioni ed abbiano fatto proprio il termine “amici” come concepito nei social network, usandolo per indicare una massa fluida di relazioni che comprende sia l’amicizia come la si intendeva fino a qualche anno fa (e che riguarda una cerchia molto ristretta di contatti, tipicamente 5-6 nel caso statunitense), sia le semplici conoscenze o situazioni ancora più periferiche che comprendono i conoscenti dei conoscenti.  Grazie a Facebook diventa poi possibile muoversi flessibilmente all’interno di questa fluidità e le persone possono passare da livelli periferici di amicizia a quelli di maggior vicinanza, sfruttando proprio opportunità aperte di incontro come quelle citate nei paragrafi precedenti.    

Facebook come “buffer sociale”. Una delle occasioni tradizionali di socializzazione nei campus statunitensi (e non solo) è il raccogliersi periodico di folle di studenti in luoghi precisi e momenti precisi. In quel contesto, si possono notare persone interessanti che non si conoscono, studiare con chi hanno già socializzato e cercare di avvicinarsi loro. Le interviste eseguite hanno fatto emergere come Facebook sia sempre più uno strumento di “buffer sociale” che si interpone al mondo fisico per svolgere queste fasi preliminari di socializzazione attraverso il computer invece che con l’osservazione e l’interazione faccia a faccia. Ed emerge nuovamente il fatto che è emotivamente più facile tentare il primo contatto attraverso Facebook invece che altri strumenti come il cellulare o la comunicazione faccia a faccia.

Una considerazione finale che si può fare è che la vita dello studente tipico facilita l’uso di Facebook nei modi sopra descritti. Gli studenti vivono infatti per una buona parte dell’anno nello stesso edificio o insieme di edifici adiacenti dove passare dall’incontro online a quello offline è più veloce.  Va però considerato che Facebook favorisce in generale l’organizzazione di sottoreti sociali in base alla dimensione geografica (persone che abitano nella stessa città, persone che lavorano nello stesso edificio, persone che frequentano lo stesso bar/club/palestra/cinema…) e ciò lo può similmente rendere un pratico facilitatore sociale anche nella popolazione non studentesca.

© 2010  Luca Chittaro, Nova100 – Il Sole 24 Ore.

  • lucachittaro |

    @Andrea:
    Forse possiamo riassumere il fenomeno con una citazione di McLuhan:
    “Diventiamo cio’ che percepiamo. Diamo forma ai nostri strumenti e da lì in poi i nostri strumenti danno forma a noi”.

  • Andrea Giacomucci |

    Mi vorrei soffermare sul fatto che gli studenti interpellati abbiano ormai fatto proprio il termine “amici” come concepito nei social network.
    I designer dell’applicazione (riprendo il suo articolo del 2007), scegliendo il termine “amici” al posto di “contatti” hanno dato un’altra forma all’interazione, assegnandole, con questo trucco, maggior spessore emotivo; tale interazione, che ha coinvolto e coinvolge un numero elevatissimo di persone, a sua volta ha dato una nuova forma alla parola stessa, rendendola in definitiva più fredda.

  • alessandro |

    ottimo

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