CSI: valutata l’efficacia del Serious Game basato sulla serie televisiva

CSI scena del crimine serious game web

Qualche anno fa, la statunitense Rice University venne ufficialmente autorizzata dalla serie televisiva CSI Scena del Crimine a sviluppare un gioco su Web (CSI The Experience: Web Adventures). Nel gioco, disponibile a questo link, il nostro compito è di aiutare i protagonisti di CSI a risolvere dei casi.

Ma lo scopo reale del gioco non è solo quello di coinvolgere l'utente in una sfida: l'applicazione è un serious game che ha per obbiettivi l'insegnare alcune nozioni di base di scienze forensi e di motivare gli studenti delle superiori verso quelle che gli americani chiamano "STEM careers" (cioè le carriere in materie scientifiche: Science, Technology, Engineering, Mathematics).

Come per ogni serious game, c'è però il rischio che la prima impressione lasci colpiti, grazie allo "zucchero visivo" (si veda ad esempio la schermata sopra riportata) aggiunto ai contenuti educativi, ma poi la reale efficacia dell'operazione serious game rimanga tutta da dimostrare. Infatti, condurre un'analisi approfondita dei reali effetti del game, giocato da reali utenti, richiede un impegno non indifferente e molti progetti di serious game si concludono con la consegna del gioco, senza alcuna valutazione del reale raggiungimento dei suoi obbiettivi.

Non è questo il caso di CSI Web Adventures: dopo il lancio del gioco, un team di ricercatori della Rice University si è dedicato alla valutazione dei suoi eventuali benefici, studiandone gli effetti su più di 700 studenti delle scuole superiori. I risultati dello studio sono stati pubblicati sul numero di Agosto 2011 della rivista Computers & Education. Per quanto riguarda l'obbiettivo di apprendimento, la valutazione ha indicato che giocare al gioco permette di acquisire reali conoscenze di scienze forensi. La procedura prevedeva una valutazione delle conoscenze forensi degli studenti prima di giocare al gioco, poi gli studenti provavano per 1 ora il gioco, mentre la verifica delle nuove conoscenze apprese veniva fatta 3 giorni dopo per assicurarsi che i concetti rimanessero anche memorizzati.

Uno degli aspetti interessanti è che lo studio ha trovato una correlazione fra l'usabilità del gioco percepita dallo studente ed i risultati di apprendimento poi ottenuti. Per chi si occupa di usabilità, questa non è una sorpresa (se l'utente non si trova bene con l'interfaccia, la sua attenzione viene parzialmente distratta verso quest'ultima invece che essere totalmente focalizzata sui contenuti) e sottolinea l'importanza dell'usabilità anche nel caso specifico dei serious game.

Per quanto riguarda l'obbiettivo motivazionale rispetto alle carriere STEM, il paper ha trovato una correlazione fra il gradimento verso il gioco e le affermazioni fatte dagli studenti su quanto il gioco abbia aumentato il desiderio di sapere di più sulle carriere STEM, ma volendo essere critici questo risultato potrebbe essere spiegato anche da un generale interesse verso la scienza dello studente.

In ogni caso, sia la Federazione degli Scienziati Americani (Federation of American Scientists, FAS), sia il gruppo di consulenza del presidente Obama su Scienza e Tecnologia, si sono in questi anni espressi a favore dei videogiochi nell'istruzione scientifica. Quindi siamo destinati a vedere sempre più serious game impiegati nelle scuole, almeno per quanto riguarda gli Stati Uniti.

© 2011 Luca Chittaro, Nova100 – Il Sole 24 Ore.

 

 

  • draluca |

    @Kalamin
    a me hanno insegnato che le simulazioni Montecarlo hanno reso un po’ privo di significato questa querelle, e comunque il modo di categorizzare i dati e virtualmente infinito, spesso è più utile pensare a come ho raccolto i dati (e quanti, parecchi in questo caso) e fare ad hoc la cosa più sensata

  • Kalamin |

    Non riesco a fare a meno di vedere come nell’ennesimo articolo in ambito HCI i ricercatori indulgano in test parametrici (ANOVA, t-student e chi più ne ha più ne metta) per scale evidentemente ordinali (“5-point Likert-scale from “strongly disagree” to “strongly agree.”).
    Non è un tecnicismo, anche se potrebbe sembrare così: non vorremmo fossero solo chiacchiere da bar, vorremmo fosse “produzione scientifica” su rivista specializzata…
    Ci sono grandi statistici (come Gigerenzer) che non si capacitano di come gran parte della ricerca psico-socio-informatica sia di fatto ancorata ad un paradigma statistico-inferenziale senza fondamento (cf. Mindless statistics. The Journal of Socio-Economics 33 (2004) 587-606). Io, nel mio piccolo, non mi capacito di come le scale ordinali siano equiparate a quelle intervallari pur in mancanza di una normalità evidente. Ha proprio ragione Latour…

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