"Stallo predisposto per le donne" – recitano proprio cosi’ i cartelli (v. foto sopra) affissi da un parcheggio a pagamento di Udine in corrispondenza dei posti a fianco di quelli riservati ai disabili. E mi offrono un caso di studio interessante dalla prospettiva del design di servizi (e non solo). Per non dilungarmi troppo, mi focalizzo (in ordine casuale) su 3 errori particolarmente degni di nota:
Essere donna non e’ una forma di disabilita’ (ovvero "Designer, pensa ai reali bisogni dell’utenza"). Nel caso dei disabili, e’ ovvio e razionale riservare i posti del parcheggio vicini all’uscita, cosi’ da permettere all’utente di raggiungere subito l’esterno senza dover attraversare, in condizioni di mobilita’ e capacita’ di reazione limitate, un parcheggio percorso da automobili che sfrecciano alla ricerca di un posto libero.
Ma se consideriamo l’utenza non disabile, l’ergonomia e l’antropometria non documentano alcuna limitazione motoria della donna che giustifichi una simile necessita’. Sono invece molto ben documentate le limitazioni funzionali e cognitive che caratterizzano l’anziano: quindi, se vogliamo creare delle nuove categorie di posti riservati, dovremmo semmai pensare allo "stallo predisposto per gli anziani".
Le donne non sono mucche (ovvero "Designer, fai attenzione a come tratti gli utenti"). Esaminiamo le parole scelte da chi ha disegnato questi cartelli. Voi (e le persone che conoscete) parlate per caso di "stallo" per dire dove parcheggiate l’auto? Non credo. "Stallo" e’ invece un termine diffusamente usato dalla zootecnia per fare riferimento alle strutture di contenimento del bestiame. Se fate delle ricerche sul design di stalli, troverete documenti (clicca qui per un esempio) che trattano parametri come – cito testualmente – "la gestione dell’ingresso della vacca" o "l’ottima visione della mammella per la mungitura". Quindi, se guardiamo al messaggio di questo cartello nell’ottica del design di emozioni, che genere di emozioni (se non depressive) puo’ creare il vedersi destinati ad uno stallo? Perche’ non si parla all’utente con un linguaggio normale e familiare? Tanto per fare un esempio, mai sentito usare nel linguaggio comune la parola "posto auto" o piu’ semplicemente "posto" ?
Incuriosisce un po’ anche la scelta dell’aggettivo: di che genere di "predisposizione" ha bisogno uno "stallo per donna"? Forse ci si riferisce alle striscie di vernice rosa (v. foto qui sotto) con cui il design delimita tali "stalli"?
Prima ti invito ad entrare, poi ti do’ dell’incivile (ovvero "Designer, ragiona sugli effetti delle tue azioni"). Gli "stalli per donne" sono stati introdotti nel contesto del parcheggio senza pensare agli effetti sul funzionamento del servizio globale e sulla coerenza con altre indicazioni fornite ai guidatori nel parcheggio stesso. E faccio subito un esempio significativo. All’esterno della struttura c’e’ un display elettronico che indica il numero di posti liberi (v. foto sotto) e da’ luce verde quando c’e’ posto. Prima dell’introduzione degli "stalli per donne", questo display era utilissimo: anche se indicava solo un paio di posti liberi, si poteva entrare con fiducia, sapendo che girando un po’ si sarebbe riusciti a parcheggiare. Ora invece, dato che il sistema di conteggio dei posti del display elettronico e’ basato solo sull’alzarsi delle sbarre di ingresso ed uscita e non sul riconoscimento del sesso del guidatore, puo’ accadere che un guidatore maschio entri e scopra che l’unico posto libero e’ uno degli "stalli per donne". Ed il cartello dello "stallo" sottolinea con una frase esplicita che un maschio dotato di senso civico non dovrebbe parcheggiare li’, mettendo il povero utente in una situazione di forte imbarazzo: prima mi dici che c’e’ un posto e mi fai fare il biglietto, poi se uso quel posto mi qualifichi come incivile di fronte a tutti?
Come piccola nota finale, si noti anche che il display elettronico "asessuato"
parla normalmente di "posti". Dobbiamo quindi tristemente prendere
atto che – nella mente di chi li ha ideati – sono proprio solo i posti per donne a trasformarsi poi in "stalli".